La relazione. La controrelazione, allegata. I documenti che finiranno in Procura. E l’accusa, se non esplicitata nella forma, nel contenuto: se anche il Veneto, come la Lombardia e l’Emilia-Romagna, avesse abbandonato la zona gialla durante la seconda ondata della pandemia, il dazio pagato in termini di vite umane sarebbe stato meno pesante. «E allora denuncino. Vadano in Procura a dirlo. Perché sono accuse inaccettabili» replica, piccato, il capogruppo della Lega Alberto Villanova.
Una riunione ad alta tensione
C’è stato tutto questo nella seduta del Consiglio regionale di ieri. Una seduta iniziata la mattina e terminata nel tardo pomeriggio, per racchiudere nella manciata di ore della sua durata le scelte politiche che, a partire dalla guida del presidente Zaia (assente al Ferro-Fini, nonostante l’insistenza della minoranza), hanno orientato i due anni, e più, di lotta al Covid.
La seconda ondata: 8282 morti in 5 mesi
Dati, numeri, ricostruzioni, passi indietro nel tempo. Per immergersi nella bufera della seconda ondata della pandemia. Una seconda ondata che ha messo in ginocchio il Veneto, eppure sempre in zona gialla. È questo il tema attorno al quale la commissione d’inchiesta dell’opposizione muove ogni ragionamento. «Ci siamo interrogati a lungo su ciò che è accaduto, 8282 morti in 5 mesi non possono essere liquidati come fatto ordinario dell’episodio pandemico» esordisce Vanessa Camani (Pd), incaricata di illustrare la relazione di minoranza.
Seconda ondata. La colorazione delle regioni italiane era decisa dal Ministero della Salute, a partire dai dati relativi a 21 parametri, comunicati dalle Regioni. È su due che si concentra la relazione di minoranza.
L’indice Rt : il cui valore, dice l’opposizione, sarebbe stato comunicato in modo scorretto. «Sopra la soglia di 1,5, l’indicatore avrebbe portato direttamente alla zona rossa.
Ma, tra ottobre e novembre, il software gestionale per la trasmissione dei dati è stato cambiato, con conseguente trasmissione irregolare dei dati, per un periodo non precisato» spiega Camani.
E poi l’accusa più pesante, perché, se fondata, indicherebbe la Regione come autrice consapevole di un sistema di contraffazione dei dati relativi ai ricoveri ospedalieri, con il fine di evitare gli scenari peggiori di chiusura per il Veneto.
Altro parametro per lo scattare della zona rossa: l’occupazione di oltre il 30% dei letti di Terapia intensiva. Il Veneto dichiarò che avrebbe potuto attivarne 1000 (con totale dirottamento del personale nei reparti Covid), mentre Roma aveva chiesto una disponibilità di 877.
«Se il numeratore non si può cambiare, allora si cambia il denominatore» l’accusa pesantissima di Camani.
Cui replica l’assessora alla Sanità Manuela Lanzarin: «Al tempo dei primi piani di sanità pubblica non esisteva nemmeno il decreto che individuava i criteri per i passaggi di zona». E Sonia Brescacin (Lega), relatrice del documento di maggioranza: «Tutti i posti letto di Rianimazione erano attivabili. E non si è fatto riferimento a una disponibilità teorica di personale, ma a un piano dettagliato di accorpamento di attività per tutte le aziende, che garantiva, con l’organico presente, il personale necessario all’utilizzo di tutti i letti. Contando i 926 anestesisti in organico al primo marzo 2020, cui si aggiungono le prestazioni acquistate normalmente e i contratti libero-professionali, in servizio c’erano 1.020 medici».
«Né letti, né personale per farli funzionare»
Ma replica la minoranza: i letti non c’erano. Soprattutto, non c’era il personale per farli funzionare. Il numero dei posti teoricamente disponibili è stato gonfiato, per non arrivare alla soglia del 30% di occupazione, «che avrebbe proiettato il Veneto in zona rossa già il 6 novembre» dice Camani.
È l’accusa più pesante. «Ascrivere all’amministrazione la responsabilità di migliaia di morti è inaccettabile» risponde Villanova, incalzando l’opposizione: «Andate in Procura a denunciare».
L’opposizione, dal canto suo, già alla vigilia della presentazione della controrelazione aveva detto che non l’avrebbe fatto: «Non siamo un tribunale. Sarà la magistratura a individuare eventuali profili di dolo o colpa grave, a partire dalla controrelazione». Parola allora alla Procura.