Il Corriere del Veneto. Le Pediatrie del Veneto sono sotto assedio. E non solo per colpa del Covid: in realtà la quasi totalità dei bambini contagiati è asintomatica o comunque presenta delle complicazioni che raramente necessitano di un ricovero in ospedale. Il vero allarme arriva da un altro agente patogeno: il virus respiratorio sinciziale (Vrs), che sugli adulti non ha grosse conseguenze ma che sui più piccoli, specie sotto l’anno di età, è causa di bronchioliti e polmoniti.
L’epidemia l’aveva fatto sparire: lo scorso anno i casi si erano praticamente azzerati in tutto il Veneto. «L’uso delle mascherine e la chiusura delle scuole ne aveva bloccato la diffusione» conferma Massimo Bellettato, primario di pediatria del San Bortolo di Vicenza. Ma ora si assiste a un’ondata senza precedenti. «Il Vrs è arrivato in anticipo di almeno un mese rispetto al passato e appare perfino più aggressivo». Risultato: a Vicenza tutti i posti di terapia intensiva pediatrica sono occupati da neonati che versano in gravissime condizioni proprio a causa dei problemi polmonari dovuti al virus sinciziale. Non solo. «Cominciano a scarseggiare anche i posti nel reparto ordinario – prosegue il primario – dove abbiamo dieci piccoli pazienti ai quali è stato necessario fornire loro un aiuto per la respirazione».
La situazione è complicata anche negli altri ospedali del Veneto dotati di terapia intensiva pediatria: Padova e Verona. «Pochi giorni fa, per assenza di posti, abbiamo dovuto rifiutare il ricovero di una neonata di San Bonifacio – racconta Bellettato – che, alla fine, è stata trasferita in una struttura in Lombardia».
Sul perché (in tutta Europa) sia scoppiata questa epidemia, gli esperti si stanno ancora interrogando. «Un’ipotesi – spiega il primario – è che le donne che durante la gravidanza contraggono il virus, trasmettano poi gli anticorpi ai figli. Ma il lockdown e le cautele imposte dalla pandemia, hanno ridotto i contagi tra gli adulti col risultato che i bambini ora sono molti più esposti».
Il modo per scongiurare i pericoli del Vrs ci sarebbe e si chiama Palivizumab, un anticorpo monoclonale che attualmente viene prescritto solo ai piccoli pazienti più fragili, che in caso di complicazioni respiratorie potrebbero non farcela. «La soluzione sarebbe somministrarlo a tutti i bambini – ammette Bellettato – ma purtroppo un ciclo di cura costa all’incirca 5mila euro e nessun Paese al mondo può permettersi una simile spesa».
E non è finita. L’ultimo rapporto dell’Istituto superiore della sanità, pubblicato cinque giorni fa, denuncia una «brusca partenza delle sindromi simil-influenzali in Italia»: tosse, raffreddore, febbre, i sintomi più comuni. Le conseguenze si fanno sentire soprattutto sui pronto soccorso pediatrici, presi d’assalto in queste settimane.
Come non bastasse, la pressione sui reparti che si occupano dei più piccoli rischia di peggiorare quando arriverà un altro virus che lo scorso anno era quasi sparito dai radar: quello dell’influenza stagionale. Nei giorni scorsi il laboratorio di Microbiologia del dipartimento Malattie Infettive dell’ospedale Sacro Cuore di Negrar, ha rilevato il primo contagiato in Veneto, una veronese di 21 anni.
I dati raccolti dai biologi confermano i timori del primario vicentino: «Sono emersi tantissimi contagi nella popolazione pediatrica» spiega la direttrice di Negrar, Francesca Perandin. Dal 10 ottobre al 12 novembre, nei suoi laboratori sono stati eseguiti 7.026 tamponi «Multiplex», che oltre al Covid sono in grado di rilevare anche l’influenza e il virus sinciziale. Per quest’ultimo, i positivi sono stati addirittura 207, che porta al 30 per cento la quota di contagiati tra i bambini sottoposti al test.
Resta poi centrale il tema del Covid. «La maggior parte dei positivi – ricorda il governatore del Veneto, Luca Zaia – si riscontrano nelle scuole e in particolare tra i più piccoli, che non sono vaccinati. Fortunatamente, non si tratta di casi gravi: per la quasi totalità sono asintomatici o paucisintomatici (con sintomi lievi, ndr )». Risultano solo due ricoverati: un neonato di tredici giorni a Vicenza, e un lattante di tre mesi trasferito dall’Usl 5 all’Azienda ospedaliera di Padova.
Il professor Carlo Giaquinto, responsabile di Infettivologia pediatrica del Dipartimento salute di donne e bambini che fa capo all’Università di Padova, è preoccupato: «Con gran parte di adolescenti e adulti ormai vaccinati, è evidente che il contagio da coronavirus si sta diffondendo soprattutto tra chi ha meno di 12 anni». Il problema non va sottovalutato: «Il Covid tra i più piccoli raramente risulta letale, ma può comunque lasciare delle conseguenze gravi come la Mis-C, la sindrome post-contagio». La soluzione, dice Giaquinto, è una soltanto: «Se vogliamo fermare la pandemia occorre interrompere la catena di trasmissione. E per farlo si dovranno vaccinare anche i bambini sopra ai cinque anni d’età».