La mancanza di una notifica tempestiva del focolaio iniziale di Covid; i ritardi nel riconoscere l’esposizione aerea del Sars-CoV-2, la mancanza di coordinamento tra diversi Paesi per l’adozione di strategie di soppressione; l’incapacità di garantire forniture globali adeguate e un’equa distribuzione di dispositivi di protezione, farmaci e vaccini. Questi solo alcuni dei punti deboli segnalati nel rapporto della Commissione istituita dalla rivista The Lancet con 28 esperti mondiali. Un ruolo chiave è stato svolto anche dalla disinfomarzione, e qui si cita l’Italia. IL RAPPORTO
“Al 31 maggio 2022, si contavano 6,9 milioni di decessi segnalati e 17,2 milioni di decessi stimati a causa dal Covid, come riportato dall’Institute for Health Metrics and Evaluation (Ihme). Questo sconcertante numero è al tempo stesso una profonda tragedia e un enorme fallimento globale a più livelli. Troppi governi non hanno rispettato le norme basilari di razionalità e trasparenza istituzionale, troppe persone – spesso influenzate dalla disinformazione – non hanno rispettato le precauzioni basilari per la salute pubblica, e le maggiori potenze mondiali non hanno collaborato per controllare la pandemia”.
Questo quanto emerge da un rapporto della Commissione istituita dalla rivista The Lancet con 28 esperti mondiali. Al documento hanno contribuito anche 11 task force globali e oltre 100 collaboratori.
Nel rapporto si spiega come i molteplici fallimenti della cooperazione internazionale includono:
1. la mancanza di una notifica tempestiva del focolaio iniziale di Covid;
2. i costosi ritardi nel riconoscere la cruciale via di esposizione aerea del Sars-CoV-2, il virus che causa il Covid, e nell’attuare misure appropriate a livello nazionale e globale per rallentare la diffusione del virus;
3. la mancanza di coordinamento tra i Paesi per quanto riguarda le strategie di soppressione;
4. l’incapacità dei governi di esaminare le prove e adottare le migliori pratiche per controllare la pandemia e gestire le ricadute economiche e sociali da altri Paesi;
5. la carenza di finanziamenti globali per i Paesi a basso e medio reddito, come classificati dalla Banca Mondiale;
6. l’incapacità di garantire forniture globali adeguate e un’equa distribuzione di prodotti di base, tra cui dispositivi di protezione, diagnostici, farmaci, dispositivi medici e vaccini, soprattutto per i Paesi a reddito medio-basso;
7. la mancanza di dati tempestivi, accurati e sistematici su infezioni, decessi, varianti virali, risposte del sistema sanitario e conseguenze sanitarie indirette;
8. la scarsa applicazione di livelli adeguati di norme di biosicurezza nel periodo precedente la pandemia, che ha aumentato la possibilità di un’epidemia legata ai laboratori;
9. l’incapacità di combattere la disinformazione sistematica;
10. la mancanza di reti di sicurezza globali e nazionali per proteggere le popolazioni vulnerabili.
Questo rapporto della Commissione, si spiega, intende contribuire a “una nuova era di cooperazione multilaterale basata su istituzioni Onu forti per ridurre i pericoli del Covid, prevenire la prossima pandemia e consentire al mondo di raggiungere gli obiettivi concordati di sviluppo sostenibile, diritti umani e pace che i governi si sono impegnati a perseguire come membri delle Nazioni Unite”. L’obiettivo è quello di proporre delle linee guida per rafforzare il sistema multilaterale per affrontare le emergenze globali e raggiungere lo sviluppo sostenibile.
Quanto all’Italia, si sottolinea come insieme agli altri governi della regione europea non abbia mirato a sopprimere la pandemia, ma solo a rallentare la trasmissione del virus. “Diversi Paesi dell’Europa occidentale hanno registrato un gran numero di infezioni all’inizio della pandemia, in particolare Belgio, Francia, Germania, Italia, Spagna e Regno Unito. I viaggi internazionali da e verso tutti questi Paesi sono molto estesi e molte persone infette sono arrivate dalla Cina durante il mese di gennaio e l’inizio di febbraio 2020. Nelle prime settimane dell’epidemia sono stati effettuati pochi test e nel marzo 2020 si è verificata una massiccia ondata di casi. Per ridurre la pressione sugli ospedali, i Paesi europei adottarono severe misure di blocco, anche se, come nella regione delle Americhe, l’attenzione era rivolta ad appiattire la curva piuttosto che a sopprimere definitivamente la pandemia”.
Nel giugno 2020, la trasmissione dei casi in Europa era scesa a livelli bassi, ma i governi europei “non sono riusciti a implementare misure rigorose di allontanamento fisico (tra cui l’uso di maschere facciali e il divieto di grandi assembramenti). Al contrario, il calo del numero di casi a giugno 2020 ha indotto i governi europei a revocare le misure di controllo e a incoraggiare il ritorno alla vita di sempre, soprattutto nel contesto delle imminenti vacanze estive in Europa; questo allentamento delle misure di controllo ha portato a una nuova ondata di infezioni nei Paesi europei a settembre 2020”.
Questa seconda ondata, si ricorda, ha dato luogo a nuove restrizioni e blocchi parziali in tutta Europa, che hanno portato nuovamente a un calo dei casi entro giugno 2021. “Ancora una volta, le politiche sono state allentate in tempo per le vacanze di luglio 2021, ponendo le basi per una terza ondata nell’ottobre 2021, questa volta dovuta alla nuova variante delta, identificata per la prima volta in India. Una moderata diminuzione dei casi della variante delta tra la fine di ottobre e novembre 2021 è stata presto seguita da una quarta ondata di infezioni dovute alla variante omicron, a partire da dicembre 2021. Rispetto ad altre regioni dell’Oms, l’Europa ha avuto un successo relativamente maggiore nel vaccinare rapidamente una parte sostanziale della popolazione nel 2021, il che ha contribuito a limitare il numero di casi gravi e di decessi nei focolai successivi nel 2021 e nel 2022”.
Un ruolo particolare è stato poi svolto dalla disinformazione. “La diffusione deliberata di disinformazione e di informazioni errate da parte dei leader politici e la mancanza di verità e di un’adeguata supervisione creano un ambiente opprimente che favorisce la sfiducia nei funzionari della sanità”. E anche in questo contesto viene citata l’Italia: “Uno studio condotto in Italia ha rilevato che la scarsa conoscenza del rischio di infezione da Covid da parte dell’opinione pubblica, anche durante il picco di incidenza del Covid nel 2020, è stata correlata a 11.411 persone che hanno violato le norme di isolamento. Alcuni media hanno erroneamente promosso trattamenti pericolosi o sperimentali, come l’idrossiclorochina e l’ivermectina, causando visite inutili ai dipartimenti di emergenza degli ospedali e la carenza di tali farmaci per le persone con esigenze legittime”.
Il rapporto conclude dunque come la crisi del Covid abbia messo in luce le principali “debolezze del sistema multilaterale basato sulle Nazioni Unite, dovute all’eccessivo nazionalismo, alle tensioni tra le grandi potenze, al sottofinanziamento cronico dei beni pubblici globali, compreso lo stesso sistema delle Nazioni Unite, alla mancanza di flessibilità dei regimi di proprietà intellettuale per garantire che i beni pubblici globali siano disponibili per tutti, alla mancanza di un adeguato finanziamento dello sviluppo sostenibile per i Paesi meno sviluppati e all’erosione del sostegno politico alle soluzioni multilaterali da parte delle grandi potenze”.
Giovanni Rodriquez – Quotidiano sanita
16 settembre 2022