Non solo incidenza su 100 mila abitanti e indice Rt, ma anche i tassi di occupazione degli ospedali e i decessi. I dati della pandemia, ormai da qualche settimana, continuano tutti a calare. Numeri dell’Istituto Superiore di Sanità alla mano, la curva del virus in questo momento sembra davvero domata. Stando all’ultimo report di ieri infatti, se l’Rt è stabile a 0,75 (e difficilmente in questa fase può scendere ancora), l’incidenza settimanale invece è di 433 contro i 552 di 7 giorni fa. E lo stesso si dica per i posti letto negli ospedali: «Il tasso di occupazione in terapia intensiva il 3 marzo era al 6,6% contro l’8,4% del 24 febbraio. Il tasso di occupazione in aree mediche a livello nazionale è al 14,7% contro il 18,5%».
La pandemia non è finita, ecco perché
Inevitabile quindi che – complice la situazione drammatica causata dall’invasione russa in Ucraina – l’emergenza sanitaria vada via via scemando nella nostra percezione. Tant’è che non solo un buona fetta delle strutture impiegate contro il Covid (hospital, hotel, hub e così via) stanno venendo riconvertite per l’accoglienza dei profughi, quanto a fine mese termina lo stato di emergenza e alcuni dei cardini su cui si è fondata la strategia italiana anti-virus negli ultimi due anni: il Comitato tecnico scientifico e il Commissario per l’Emergenza.
Tuttavia, secondo diversi esperti, oggi è azzardato considerarsi fuori dalla pandemia. Anzi, se i numeri attuali non destano preoccupazione, potrebbero tornare a farlo il prossimo autunno. A spiegarlo è in primis Walter Ricciardi, consulente del ministro della Salute, Roberto Speranza. «Se andiamo avanti di questo passo la pandemia non finirà a breve» ha spiegato a Rai News24, perché a livello globale la maggior parte della popolazione non è vaccinata contro Covid-19. E anche in Italia l’obiettivo di somministrare il booster all’80% della popolazione (come avvenuto con il ciclo primario) è ben lontano dall’essere raggiunto.
All’appello infatti mancano almeno 8 milioni di cittadini. Ma gli occhi oggi sono puntati sul resto del globo: «Noi Paesi più ricchi ci dobbiamo attrezzare per vaccinare anche quella parte di mondo, altrimenti la pandemia non finisce». Un monito che del resto fa il paio con la necessità di vaccinare almeno il 70% della popolazione mondiale fissato dalle istituzioni internazionali. «È essenziale raggiungere l’obiettivo della copertura vaccinale del 70% in tutti i paesi per porre fine alla pandemia di Covid-19 quale emergenza sanitaria globale e guidare una ripresa globale davvero inclusiva» ha spiegato ieri Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Oms. Purtroppo però «l’83% della popolazione africana deve ancora ricevere la prima dose. Questo non è solo un fallimento morale – ha continuato – è anche un fallimento epidemiologico, che sta creando le condizioni ideali per l’emergere di nuove varianti».
Il rischio in pratica è che come già avvenuto con Omicron una nuova mutazione del virus finisca per far ricominciare l’emergenza al termine dell’estate. Grazie ai vaccini però, con buona probabilità non sarà imponente come quella che l’Italia si è appena lasciata alle spalle. «Nel prossimo autunno-inverno – ha spiegato nei giorni scorsi Massimo Andreoni, direttore scientifico della Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali – ci potrà essere una nuova circolazione del virus, con un nuovo vigore. È ipotizzabile anche che si formino nuove varianti a causa anche dell’ampia circolazione in aree del mondo dove la campagna vaccinale non ha coperto una quota significativa della popolazione. Possiamo però ritenere che non ci saranno effetti analoghi alle ondate precedenti: la popolazione ha un elevato livello di immunizzazione che impedisce gli effetti più gravi dell’infezione; abbiamo poi strategie farmacologiche che ci permetteranno di intervenire nei casi più rischiosi».
Il Messaggero