Uno studio spagnolo condotto dall’ Università Complutense di Madrid, si è occupato di studiare la dinamica dell’infezione da SARS-CoV-2 in un gatto e tre cani provenienti da famiglie con casi umani confermati di COVID-19 che vivevano nella capitale spagnola al momento dell’espansione (da dicembre 2020 a giugno 2021) della variante alfa (lignaggio B.1.1.7). Un esame fisico approfondito e tamponi nasofaringei, orofaringei e rettali sono stati raccolti per il test SARS-CoV-2 della PCR a trascrizione inversa in tempo reale (RT-qPCR) il giorno 0 e nei campionamenti successivi nei giorni 7, 14, 21 e 47 durante il monitoraggio. Il sangue è stato anche prelevato per determinare l’emocromo completo, i profili biochimici e la sierologia della risposta IgG contro SARS-CoV-2. Il giorno 0, il caso 1 del gatto si è presentato con dispnea e febbre associate a un pattern broncoalveolare lieve. I cani casi 2, 3 e 4 erano sani, ma il caso 2 presentava tosse, dispnea e debolezza, e il caso 4 ha mostrato tosse e secrezione nasale bilaterale 3 e 6 giorni prima dell’esame clinico. Il caso 3 (dalla stessa famiglia del caso 2) è rimasto asintomatico. Tutti si sono sieroconvertiti poco dopo il rilevamento dell’infezione nei loro proprietari. Il sequenziamento virale in tutti i casi ha identificato il B.1.1.7. variante, che era predominante nei casi umani in questa regione spagnola al momento del campionamento. Alla luce dei risultati raggiunti, lo studio propone la teoria per cui l’infezione da SARS-CoV-2 in cani e gatti provenienti da famiglie positive al COVID-19 sia da considerarsi come zoonosi inversa.
Sono necessari ulteriori studi per chiarire come le nuove varianti stanno cambiando lo scenario epidemiologico nelle famiglie positive al COVID-19 con animali domestici.