Un recentissimo preprint dei colleghi veterinari USA che lavorano nei laboratori diagnostici condivide con la comunità scientifica internazionale le evidenze cliniche, anatomo-patologiche e laboratoristiche del virus Sars-CoV-2 isolato da visoni nell’ambito in un rilevante cluster di casi in differenti fattorie dello UTAH.
La descrizione di tale cluster pone le basi per considerare la sanità pubblica veterinaria in un quadro One Health, esteso anche al mondo della ricerca, data la necessità etica di condividere tra ricercatori e sanitari in tempo “quasi” reale tutti quei dati, metodologie e tecniche, che siano utili a migliorare la prontezza di risposte alla pandemia.
In campo di sanità pubblica veterinaria questo aspetto è estremamente qualificante, data la consolidata esperienza ed efficacia di interventi in corso di panzoozie, laddove non si può escludere che gli animali possano costituire nel prossimo futuro un serbatoio “pandemico” per Sars-CoV-2, anche alla luce delle nuove varianti, di cui appunto ancora non è stato completamente caratterizzato lo spettro d’ospite, fatti salvi gli animali di laboratorio presi a modello per studiare l’infezione, la patologia e la profilassi nell’uomo.
Ritornando al lavoro di preprint di Eckstrand, C et al, disponibile come doi, nell’agosto 2020, vari casi di SARS-CoV-2 si sono verificati in più allevamenti di visoni nello Utah, associati a un’elevata mortalità e a una rapida trasmissione virale tra animali. Una volta entrata in un allevamento, probabilmente quale zoonosi inversa uomo-animale, l’infezione si è diffusa rapidamente tra gli animali allevati e le fattorie (problema di biosicurezza?) e ha causato gravi forme respiratorie e morte.
I segni clinici erano in particolare morte improvvisa, anoressia e aumento dello sforzo respiratorio, segni acuti che non risultano comuni ad altri focolai di malattia nei visoni descritti nel mondo. L’esame anatomopatologico d’organo ha rivelato una grave congestione polmonare ed edema. Microscopicamente era presente edema polmonare con vasculite moderata, perivasculite e polmonite interstiziale fibrinosa. La RT-PCR dei tessuti raccolti all’autopsia ha dimostrato la presenza di RNA virale in più organi tra cui turbinati nasali, polmone, linfonodo tracheobronchiale, superfici epiteliali.
Il sequenziamento dell’intero genoma da più visoni era coerente con i genomi SARS-CoV-2 pubblicati: il ceppo SARS-CoV-2 del visone Utah è compreso nel Clade GH, che risulta unico tra i visoni e altri ceppi animali sequenziati fino ad oggi. Interessante il fatto che tale ceppo visoni Utah non condivide le altre mutazioni sulla porzione RBD della proteina spike, Y453F e F486L, descritte negli isolati da altri clusters internazionali legati visone. La localizzazione dell’RNA virale mediante ibridazione in situ ha rivelato un’infezione più localizzata, in particolare del tratto respiratorio superiore. Gli alti livelli di virus nel tratto respiratorio superiore risultano quindi associati alla efficacia della trasmissione in un ambiente abitativo confinato e le alte cariche virali in gioco possono spiegare la gravità dei quadri clinici osservati e dei decessi, fatta salva la presenza di fattori di patogenicità dovuti a mutazione non indagata.
Per chi si fosse perso le puntate precedenti sul “focus” visoni, a livello internazionale sono disponibili e consultabili i seguenti documenti e informazioni, a partire da novembre 2020
ECDC: Detection of new SARS-CoV-2 variants related to mink
EFSA-ECDC: Rapid Risk Assessments on SARS-CoV-2 in mink and mandates on Animal Welfare
EFSA: Monitoring of SARS-CoV-2 infection in mustelids
WHO Europe: COVID-19 mink-associated strain – Q&As for mink farmers
E a livello nazionale?
Nonostante la rilevanza dei casi di Sars-CoV-2 nei visioni per la salute globale, in un quadro pandemico, e le peculiarità proprie dei casi italiani, caratterizzati dalla assenza di una chiara sintomatologia, le informazioni pertinenti non risultano ancora completamente condivise con la comunità internazionale.
In particolare, il caso dell’allevamento padovano non risulta ancora segnalato all’OIE, e tantomeno a distanza di più di 4 mesi dall’insorgenza del focolaio, non risultano depositate le sequenze, nonostante il coinvolgimento ufficiale di ben due centri di riferimento presso l’IZS delle Venezie e l’ISS, centri di riferimento previsti dalla ben nota Ordinanza Ministeriale e successive integrazioni del Minsal, come risposta operativa al primo caso cremonese di metà luglio 2020.
Sul fronte interno, invece è presente una vivace attività amministrativa, che vede coinvolto il TAR del Lazio, nel contenzioso che vede la proprietà dell’allevamento opporsi al decreto di stamping out di tutto l’allevamento – riproduttori compresi, della AULSS, con relativa presa di posizione della LAV.
Si assiste quindi a una “provincializzazione” e a un riduzionismo degli interventi su cui si pongono alcune riflessioni e interrogativi. In un quadro di garanzia della “prossimità” con la cittadinanza, prevista dalla Costituzione in materia sanitaria, e soprattutto richiesta dall’attuale quadro pandemico, perché non c’è una aperta e autorevole condivisione delle informazioni a livello nazionale e internazionale? Anche per la sanità pubblica veterinaria dobbiamo osservare differenti misure regionali prese, ad esempio, per la articolazione delle politiche vaccinali?
L’autorevolezza e la competenza della sanità pubblica veterinaria italiana a livello internazionale in chiave One Health possono essere messe in difficoltà su tali aspetti, anche alla luce dell’importante ruolo internazionale che si sta giocando il paese in ambito G20 in tema di salute?
E’ possibile che le relazioni e informazioni “tecniche” siano limitate ad un più che legittimo contenzioso amministrativo e non trovino un più ampio respiro a livello internazionale, data la rilevanza del caso, specie in confronto con le altre segnalazioni?
Come si sposa il “regionalismo sanitario” con la gestione di focolai di rilevanza internazionale e zoonosica? In quale considerazione viene posta l’ etica della ricerca, laddove gli IZS assolvono a questo ruolo e sono chiamati alla formazione di ricercatori, anche se “piramidati”? Di quale One Health stiamo parlando se la prassi veterinaria sul territorio contraddice i principi? “Ex facto olitor ius”…
Forse è opportuna una riforma del sistema di sanità pubblica anche veterinaria per evitare “interruzioni di continuità” e garantire il percorso di riforma sottostante il PNRR?
Non a caso, alla luce delle criticità emerse nel corso di questa pandemia, per l’attuazione di tale PNRR è stata istituita una cabina di regia governativa, laddove in un quadro globale pandemico, è giustificabile si adottino sul tutto il territorio nazionale le stesse misure sanitarie, lasciando al territorio la loro attuazione.
Questo porta ad avere una più completa “visione” del titolo V della Costituzione, alla luce della sentenza 37/2021 della Corte Costituzionale e appunto del Decreto legge sul PNRR.
Il rischio è che laddove venga a mancare una prassi ispirata alla One Health la veterinaria pubblica possa andare incontro allo “spacchettamento” dell’unità dei Dipartimenti di prevenzione, come già segnalato in Lombardia.
Figura e Tabella tratte dal preprint: “SARS-CoV-2 outbreak in Utah mink farm, di Eckstrand, C et al, disponibile come doi: 10.1101/2021.06.09.447754: Cicli di RT-PCR e positività istologica nei vari organi dei visoni clinicamente malati; In basso, tabella delle mutazioni rilevate del clade GH dei visoni in Utah, dalle sequenze depositate in banca genomica GISAID
(riproduzione ammessa solo citando la fonte – testo raccolto a cura della redazione)
14 giugno 2021