Il Sole 24 Ore sanita. E’ stato presentato a Mostra Convengo Expocomfort il nuovo modello di previsione che permette di stimare il rischio e la conseguente probabilità di contagio virale in un luogo chiuso, che nasce dallo studio svolto in quattro aree principali: metrologia degli aerosol, caratterizzazione dell’inquinamento atmosferico urbano, emissioni di particelle respiratorie e da sorgenti inquinanti e qualità dell’aria negli ambienti indoor. L’emissione dipende, oltre che dal carico virale nei fluidi orali del soggetto infetto, dalla attività metabolica e respiratoria. Un soggetto infetto che parla emette 10 volte più particelle infettive respiratorie rispetto alla semplice respirazione e 100 volte di più se parla ad alta voce o canta.
Il modello emissivo è alla base di un tool di valutazione del rischio infezione sviluppato in collaborazione con la Queensland University of Technology di Brisbane, che permette di valutare il rischio contagio dovuto alla trasmissione aerea negli ambienti chiusi e di intervenire con le corrette misure di protezione (anche legate alla ventilazione) per la riduzione a valori accettabili.
L’approccio è stato impiegato in diversi ambienti chiusi (palestre, ristoranti, scuole, ecc.). Il caso delle classi scolastiche nelle scuole è particolarmente rilevante: come dimostrato nello studio nelle scuole delle Marche finanziato della Regione, si evince che il numero totale dei ricambi dell’aria riveste un ruolo fondamentale con valori di ventilazione di almeno 5-6 volumi/h (che significa un ricambio totale dell’aria di una classe ogni 10 minuti) per avere una riduzione del rischio contagio dell’80% rispetto a classi sprovviste di ventilazione meccanica controllata. Nel periodo di osservazione da settembre 2021 a gennaio 2022, gli studenti in classi dotate di VMC hanno avuto una maggiore protezione dal contagio con una incidenza notevolmente inferiore rispetto alle classi gestite con la semplice aperture delle finestre (ventilazione naturale).
La ventilazione tecnicamente ed economicamente sostenibile è però insufficiente per rendere questi ambienti sicuri in caso di elevate incidenze del virus, è necessaria l’integrazione di altre misure di protezione come l’utilizzo di microfoni audio per i docenti e di filtri facciali FFP2.
Le raccomandazioni per la riduzione del rischio di infezione nell’aria da COVID-19 suggeriscono un aumento sostanziale del tasso di ventilazione, cioè un aumento della quantità di aria esterna pulita. Tuttavia, i sistemi di ventilazione esistenti negli edifici sono progettati per il condizionamento e inquinamento in condizioni normali, cioè quando non c’è una pandemia. È quindi necessario un cambio di paradigma nella progettazione della futura ventilazione, con il focus sul singolo occupante e non l’intero volume. È un ambito nel quale si può ancora innovare molto sviluppando tecnologie sul controllo della sorgente e sulla distribuzione avanzata dell’aria con la “ventilazione personale” per consentire di migliorare la qualità dell’ambiente interno, soddisfare più occupanti e ridurre al minimo il consumo di energia.
Alla complessità degli ambienti chiusi fa da contraltare l’implicita sicurezza degli ambienti aperti. A differenza dell’impostazione delle autorità sanitarie durante buona parte della pandemia, l’ambiente aperto è sicuro tranne in un caso, ovvero quando il soggetto infetto parla e il soggetto suscettibile rimane davanti al soggetto infetto per un tempo di esposizione di almeno 10-15 min. Questo purtroppo è l’unico scenario che è stato considerato apparentemente sicuro (si pensi ai bar e ai ristoranti). Al contrario il camminare in una strada molto affollata presenta un rischio assolutamente trascurabile per i ridottissimi tempi di esposizione e le esigue emissioni nel caso di soggetti che respirano.
*Ordinario di Fisica Tecnica Ambientale presso l’Università di Cassino e professore aggiunto presso la Queensland University of Technology di Brisbane, Australia