Lo studio dei dati epidemiologici per Covid 19, laddove non inficiato dalle difficoltà nel tracciare le catene di contagio in ambito lavorativo, indica chiaramente come in realtà territoriali statunitensi caratterizzate dalla presenza di grandi impianti industriali di macellazione e lavorazione della carne, le incidenze di casi confermati Covid-19 sia più elevata rispetto a distretti ad altra vocazione industriale. Di particolare interesse, anche per la situazione italiana, il fatto che l’associazione di una maggiore incidenza di casi Covid 19 sia fondamentalmente legata agli impianti di maggiori dimensioni; altro fattore favorente il contagio è la intensificazione delle lavorazioni nella stessa struttura. Di contro, la chiusura degli impianti per un periodo di 4-5 settimane, per la sanificazione e per favorire l’adeguamento a misure di prevenzione del contagio, ha determinato un più rapido rientro dei tassi di incidenza “macello” e l’allineamento con quelli dei territori senza tali attività. Da qui scaturisce l’indicazione che gli impianti di macellazione e lavorazione delle carni a capacità limitata possono essere più resilienti a catene di contagio in ambito lavorativo.
La necessità di protocolli di intervento armonizzati sul territorio regionale e a livello nazionale
A livello regionale, l’incrocio con i dati e gli andamenti temporali presenti nelle banche dati INAIL (infortunio Covid 19) ed INPS (giorni di malattia), e il computo dei giorni di ferie, e dei ritmi di lavoro e produttività, specie in un periodo pre-natalizio di forte ritmo di lavorazione, possono dare un quadro più preciso del rischio professionale e delle catene di contagio.
Come per la mortalità, si può fare un paragone tra gli anni e andare a vedere la percentuale in eccesso non giustificabile. In questo quadro, l’infezione o la malattia nei colleghi veterinari recentemente registrata costituisce un evento sentinella di un contagio più ampio in ambito lavorativo e familiare, come ormai consolidato dalle evidenze scientifiche internazionali. Da qui la necessità di protocolli di intervento armonizzati sul territorio regionale e a livello nazionale.
Lo studio dei dati epidemiologici per Covid 19, laddove non inficiato dalle difficoltà nel tracciare le catene di contagio in ambito lavorativo, indica chiaramente come in realtà territoriali statunitensi caratterizzate dalla presenza di grandi impianti industriali di macellazione e lavorazione della carne, le incidenze di casi confermati Covid-19 sia più elevata rispetto a distretti ad altra vocazione industriale. E’ questa l’evidenza più autorevole fornita da un recentissimo articolo sulla rivista PNAS, Covid 19 e industria alimentare. Lo studio, disponibile al sito Pnas.org indica che, tra le industrie essenziali che non sono andate in lock-down, il settore “macelli e laboratori di lavorazione e sezionamento della carne” pone un rischio particolare per la salute pubblica, rischio che si estende ben oltre il contesto di medicina del lavoro.
Lo studio Usa
Negli USA, si stima che agli impianti di lavorazione della carne siano associati tra i 236.000 e i 310.000 casi COVID-19 (dal 6 all’8% del totale) e da 4.300 a 5.200 morti (dal 3 al 4% del totale) al 21 luglio 2020. Questo anche come conseguenza di focolai secondari portati dai lavoratori nelle proprie residenze. L’analisi prende in considerazione anche i fattori legati alle dimensioni dell’impianto, la concentrazione industriale nel territorio e le politiche di gestione della mano d’opera, oltre che i fermi per procedure di sanificazione degli impianti.
Di particolare interesse, anche per la situazione italiana, il fatto che l’associazione di una maggiore incidenza di casi Covid 19 sia fondamentalmente legata agli impianti di maggiori dimensioni; altro fattore favorente il contagio è la intensificazione delle lavorazioni nella stessa struttura.
Di contro, la chiusura degli impianti per un periodo di 4-5 settimane, per la sanificazione e favorire l’adeguamento a misure di prevenzione del contagio, ha determinato un più rapido rientro dei tassi di incidenza “macello” in modo allineato con quelli del territorio. Da qui l’indicazione che gli impianti di macellazione e lavorazione delle carni a capacità limitata possono essere più resilienti a catene di contagio in ambito lavorativo.
Lo studio canadese
In maniera sincrona, uno studio canadese, svolto in Ontario, disponibile come pre-print, evidenzia appunto come il settore di attività legato alla produzione dell’alimento sia il secondo per importanza (dopo il settore manufatturiero) nell’avere causato focolai secondari a livello familiare. In modo interessante, i focolai secondari si sono intensificati con il progressivo allentamento delle misure di blocco, a partire da aprile 2020.
E in Italia?
A livello nazionale, con le opportune declinazioni regionali, risulta avviata l’attività di indagine a livello nazionale, coordinata tra le Regioni, l’Istituto Superiore di Sanità e Inail.
Tale attività, che vede nei dipartimenti di prevenzione il fulcro, sotto il coordinamento del gruppo tecnico scientifico interregionale sulla sicurezza sul lavoro – presieduto dalla Regione Lombardia, si basa sulla disponibilità di alcune schede come strumenti di lavoro che permettano un dialogo stretto tra associazioni datoriali e servizio sanitario (regionale, provinciale), al fine di armonizzare e implementare la prevenzione di Covid 19, anche attraverso un aggiornamento del documento di valutazione del rischio aziendale. Di fatto, l’esperienza condivisa, anche alla luce dei contributi da Regione Veneto, la Regione Emilia Romagna, la Regione Puglia e la Provincia di Trento sui focolai in macello, evidenziano la necessità di comportamenti armonizzati sul territorio, in chiave di prevenzione e gestione dei focolai, specie in presenza di grosse strutture di macellazione.
I contagi dei veterinari pubblici in Veneto, un evento sentinella
La segnalazione recente di casi di Covid 19 nei veterinari pubblici del Veneto porta oltremodo a valutare attentamente la catena di trasmissione in ambito lavorativo, tenendo presente la necessità di una sorveglianza “sindromica” degli infortuni Covid 19 sul lavoro, laddove le segnalazioni di infortunio Covid 19 all’INAIL potrebbero risentire dell’organizzazione della forza lavoro in cooperative con i fenomeni del subappalto, e riconoscere come fattori di “under-reporting” la fruizione di giorni di ferie, giorni di malattia non Covid, oppure un lavoro saltuario, pagato a giornata.
L’incrocio con i dati e gli andamenti temporali presenti a livello regionale nelle banche dati INAIL ed INPS, e il computo dei giorni di ferie, e dei ritmi di lavoro e produttività specie in un periodo pre-natalizio di forte ritmo di lavorazione, possono dare un quadro più preciso del rischio professionale e delle catene di contagio. In questo, l’infezione o la malattia nei colleghi veterinari costituisce un evento sentinella di un contagio più ampio in ambito lavorativo e familiare, come ormai consolidato dalle evidenze scientifiche internazionali.
Un quadro dei contesti economici che possono influenzare gli interventi sanitari nel settore della macellazione è presentato in un recente lavoro “Pandemia e filiera della carne” dell’Università Cattolica
Figura 1-2. Scala di rischio occupazionale per Covid 19, in base a professione e retribuzione economica, del Dipartimento federale del lavoro USA – Sicurezza e salute in contesti occupazionali (OSHA). Evidenziata in rosso, la posizione dei veterinari. Tale classificazione di rischio USA al momento non trova un dettaglio analogo nei dati INAIL più aggiornati. https://www.osha.gov/SLTC/covid-19/hazardrecognition.html
Figura 3. Contesti territoriali interessati dalla prossimità di impianti di macellazione e lavorazione delle carni negli USA (sopra) e variazioni nell’incidenza settimanali dei casi per Contea, in base alla presenza/assenza di impianti, e alla loro chiusura in caso di focolai Covid 19 per la sanitizzazione e la implementazione delle misure strutturali, gestionali e ambientali. Dati Supplementari della pubblicazione su PNAS
(riproduzione ammessa solo citando la fonte – testo raccolto a cura della redazione)
3 dicembre 2020