Almeno due miliardi di riduzione del costo del lavoro. Un miliardo di allentamento del patto di stabilità interno in favore dei Comuni principalmente per investimenti in opere pubbliche. Un miliardo e mezzo per la riforma degli ammortizzatori sociali.
E un altro miliardo per la riorganizzazione della scuola. In tutto non meno di 5,5 miliardi di risorse da “liberare” con la prossima legge di stabilità da 20-22 miliardi, che sarà modellata sul nuovo quadro macroeconomico che ieri ha ricevuto la “bollinatura” dell’Ufficio parlamentare di bilancio limitatamente al «quadro macroeconomico tendenziale» (a bocce ferme), e che oggi otterrà il via libera del Consiglio dei ministri con uno spazio di manovra potenziale dello 0,6% che potrebbe liberarsi tra il target del deficit tendenziale e quello programmatico. A indicare alcune delle cifre dell’impalcatura contabile della “stabilità” da varare entro il 15 ottobre è lo stesso Matteo Renzi nel suo intervento alla direzione Pd. Ma nel lavoro di stesura della “ex Finanziaria”, con cui sarà stabilizzato il bonus da 80 euro magari con una piccola estensione limitata ai nuclei mono-reddito con molti figli, non ci sono solo le certezze indicate dal premier. Restano da sciogliere diversi nodi, a partire dai 4-5 miliardi di tagli ancora da trovare. Soprattutto da parte dei ministeri.
Non è stato poi ancora deciso l’intervento da adottare per far scattare il nuovo alleggerimento del cuneo fiscale da «almeno 2 miliardi» annunciato da Renzi. Al momento l’ipotesi più gettonata sembra essere quella dell’eliminazione di tutta (o gran parte) la componente lavoro dal valore della produzione su cui si calcola l’Irap. Le altre due opzioni sul tappeto prevedono l’aumento delle attuali riduzioni forfettarie Irap o, in alternativa, l’ulteriore riduzione delle cinque aliquote dell’imposta regionale sulla falsariga dell’intervento adottato con il decreto Irpef (si veda Il Sole 24 Ore del 27 settembre). A confermare che il Governo sta studiando nuove misure per «diminuire il cuneo fiscale» è anche il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan.
Sulla questione del Patto di stabilità interno, il Governo non sembra intenzionato a procedere, almeno per il momento, a una riforma vera e propria come invece era stato lasciato intendere nelle scorse settimane. «Chiediamo ai Comuni di compartecipare come in passato, ma apriamo uno spazio di Patto per fare le opere pubbliche», dice il premier. Una sorta di nuova deroga per un 1 miliardo. Con i Comuni che potrebbero essere interessati da una nuova stretta, in termini di fabbisogni standard e di giro di vite sugli acquisti di beni e servizi, per 1-2 miliardi.
Sul fronte delle nuove stime contenute nella Nota di aggiornamento al Def, il Pil è indicato in contrazione dello 0,3%, contro il +0,8% previsto in aprile. Lo stesso Padoan ha ribadito ieri alla Camera che il quadro macro è «peggiorato» e che le stime dei principali organismi internazionali «si sono rivelate eccessivamente ottimistiche». Un modesto segno più (0,5%) è previsto nel 2015 in base al quadro tendenziale, mentre sul “programmatico” saranno incorporati gli effetti attesi dalle riforme strutturali (mercato del lavoro in primis). Per il deficit, il nuovo target 2014 si colloca attorno al 2,8%-2,9% sia quest’anno che il prossimo, con il pareggio di bilancio che slitta al 2017, ma dalle ultime indiscrezioni non è escluso che lo si sposti al 2018.
Il Sole 24 Ore – 30 settembre 2014