di Ivan Cavicchi. E’ davvero grottesco lo spettacolo di vanità e di insipienza che le Regioni stanno dando di se stesse. Litigano per i posti al cinema perchè non piacciono quelli loro assegnati dai biglietti. Di che si tratta? Il governo Letta vuole cambiare il modo di finanziare la sanità e più esattamente vuole definire costi standard definiti confrontando i bilanci di alcune regioni (benchmark). In questo giochetto la Lombardia vuole stare in cima alla lista perchè, bontà sua, si ritiene la Regione migliore (sic). La Toscana rosica rancorosa perchè non è stata neanche presa in considerazione, l’Emilia Romagna fa l’imbucata perchè i suoi conti sono tendenzialmente in disavanzo, per l’Umbria le Marche è tutto grasso che cola… l’importante è stare tra i vip.
Le regioni del sud inesistenti. Tutti zitti. Il grottesco è che non stanno litigando per avere il nobel della sanità ma per una politica finanziaria che in ogni caso finirà per l’ammazzare le qualità di un intero sistema pubblico. Contendersi un posto di prima fila per vedere un film sul proprio suicidio è grottesco.
Ma vediamo meglio di che si tratta:
-l’obiettivo fondamentale dei costi standard non è, come si dice, combattere gli abusi (l’esempio del costo della siringa) ma è definanziare il sistema il più possibile;
-prima i tagli lineari erano decisi ex ante con delle riduzioni massicce ad alcuni centri di costo (per esempio beni e servizi), ora si pensa di usare i costi standard come dei costi di riferimento, cioè oltre i quali lo Stato non da più soldi;
-la logica dei cosi standard è “l’induzione” cioè la generalizzazione di condizioni minime di spesa per uniformare le differenze di sistema;
-I costi standard tendono a superare i sistemi di finanziamento ponderati che pur con molti limiti sino ad ora hanno tentato di interpretare i differenti fabbisogni regionali, i diversi target di popolazione, i diversi bisogni epidemiologici;
-nella contabilità industriale essi sono uno strumento di controllo dell’efficienza aziendale. In sanità, dove il controllo delle performance dipende da una moltitudine complessa di variabili, essi sono impiegati come strumento di pianificazione al ribasso dei costi;
-solitamente i costi standard, sono concepiti per motivare gli operatori responsabili del raggiungimento o meno dello standard prescelto. In sanità gli operatori saranno le prime controparti dei costi standard. Le prassi professionali vi si dovranno adattare;
-non sono costi effettivi calcolati in sede consuntiva cioè dei costi analitici esatti ma semplicemente “approssimativi tetti di spesa” più tollerati da certe regioni meno tollerati da altre che recepiscono non il costo atteso nel futuro per produrre salute, ma la minore spesa attesa indipendentemente dalla salute prodotta;
-i costi standard introducono temerariamente l’idea che il costo della cura sia un fattore variabile da ridurre se si scosta troppo dagli standard, quindi per nulla in rapporto alle complessità e necessità del malato e della cura;
-essi si giustificano solo nell’ambito dei progetti di product costing, cioè nell’ambito dellacontabilità industriale.
Ma i problemi più seri sono collegati tutti alla complessità dei malati:
.i costi standard non tengono conto degli scarti legati alla variabilità naturale del processo di cura e questo in sanità è un limite gravissimo;
-i costi delle cure per ragioni intuibili non possono essere standardizzati più di tanto e comunque devono prevedere dei margini di interpretazione perchè soprattutto la variabilità dei malati costituisce un grosso fattore di complessità;
-i costi standard decontestualizzano e separano costi bisogni e organizzazioni, per cui salta tutto il discorso della territorialità, dell’umanizzazione, della personalizzazione delle cure, del prendersi cura, delle cure centrate ecc..
Come tutti sanno, il grande problema che i costi standard pongono sono gli scostamenti fra valori standard e valori effettivi. Nelle strategie industriali la “variance analysis”,assume un ruolo fondamentale di controllo delle performance ed indirizzo delle politiche correttive per il raggiungimento degli obiettivi produttivi. E in sanità? Cosa devono fare le aziende quando gli scostamenti sono giustificati dalle necessità delle cure? Siccome la maggior parte delle Regioni avranno il problema degli scostamenti, cosa si pensa di fare?
Tutti coloro che all’inizio erano perplessi se non contro (Regioni, alcuni economisti, sindacati, esperti Agenas, rappresentanti di partito) oggi tacciono. Evidentemente sono disposti a bere l’intruglio. Il Pd, che pur dichiara di voler difendere una sanità universalistica, tace sull’universalismo alla rovescia che i costi standard rappresentano. La ragione? Non ha un pensiero riformatore. Cioè non sa dove sbattere la testa.
Amara riflessione conclusiva: si potrebbero combattere efficacemente gli abusi in sanità con semplici metodi di trasparenza senza per questo far saltare un intero sistema. Trovo esasperante curare un sistema uccidendolo. I costi standard sono ciò che ci propone un pensiero politico scadente che di sanità e di medicina non sa niente e pensa di risolvere i problemi della sanità con la contabilità industriale.
Pubblicato sul Fatto quotidiano – 4 agosto 2013