Non si sono trattenuti. Hanno alzato la voce, minacciato di fermare cantieri, prefigurato ricorsi. Il presidente della Calabria Roberto Occhiuto ha addirittura ipotizzato di lasciare l’incarico di commissario per il piano di rientro del sistema sanitario calabrese. «Se le cose stanno così, vi rendo le chiavi». Non era mai capitato che le Regioni di centrodestra andassero tanto apertamente all’attacco del governo Meloni, finora c’erano stati giusto un po’ di mugugni. La rabbia riguarda il settore più importante per le amministrazioni locali, quella sanità che assorbe circa l’80% dei loro bilanci.
Dall’altra parte del tavolo, in una movimentata riunione che si è svolta lunedì, c’erano il ministro agli Affari europei e al Pnrr Raffaele Fitto e quello alla Salute Orazio Schillaci, in realtà molto defilato durante l’incontro. La partita era quella del Pnc, il Piano complementare parallelo al Pnrr, che da giorni agita i presidenti e gli assessori. Il governo ha deciso infatti di tagliare 1 miliardo e 266 milioni di euro dal programma “Verso un ospedale sicuro e sostenibile”, che finanzia la messa a norma delle strutture, ad esempio, ai fini dell’antisismica e l’antincendio.
Fitto ha spiegato che i soldi si potranno prendere dal cosiddetto “ex articolo 20”, un fondo creato nel 1988 per pagare le grandi opere della sanità, come la costruzione di ospedali. «Si tratta di vasi comunicanti », ha aggiunto il ministro riferendosi al cambio di “contenitore” dei soldi. La mossa ha scatenato la rabbia di tutte le Regioni, nessuna esclusa. Le contestazioni sono state due. La prima riguarda il fatto che molti hanno già programmato le spese finanziate dal Pnc, addirittura hanno aperto cantieri e ricevuto le fatture da pagare. Prendere il denaro dall’ex articolo 20 provocherebbe grandi rallentamenti, perché andrebbero avviate lunghe procedure per ottenere i soldi, e quindi affrontati contenziosi. La seconda riguarda il fatto che il fondo per le grandi opere, dove già non ci sarebbe abbastanza denaro, verrebbe ridotto perché sarebbe utilizzato per altro. «Quindi si tratta comunque di un taglio», hanno ribadito le Regioni.
Quando ormai la riunione dell’altro ieri era finita, sono arrivate pure le critiche della Corte dei conti, che praticamente coincidono con quelle di presidenti e assessori. «Non si può non osservare – è scritto nella memoria sul decreto che introduce la novità – come, oltre a ridurre l’ammontare complessivo delle risorse destinabili ad investimenti in sanità (l’aver attribuito il finanziamento del programma al Fondo ex articolo 20 incide sulle disponibilità per ulteriori accordi di programma) e a incidere su programmi di investimento regionali già avviati, lo spostamento comporta il rinvio dell’attuazione del progetto a quando saranno disponibili spazi finanziari adeguati».
All’incontro di lunedì c’erano tre presidenti: Francesco Rocca del Lazio, Michele Emiliano della Puglia (l’unico di centrosinistra) e Roberto Occhiuto della Calabria. Rocca, dopo aver fatte proprie le osservazioni dell’assessore alla Salute toscano Simone Bezzini (e già questo è significativo), ha spiegato che a lui i soldi dell’ex articolo 20 servono per rifare l’ospedale di Tivoli, colpito da un grave incendio, e non può usarli per altro. Emiliano ha spiegato di avere già cantieri aperti e ha chiesto se deve fermare tutto («no, correte», ha risposto Fitto lasciando un po’ interdetto il presidente). Occhiuto ha detto che non si possono togliere risorse per mettere gli ospedali in sicurezza a una Regione che è da 15 anni in piano di rientro. Ha poi aggiunto che se il governo agisce così tanto vale rimettere il suo mandato di commissario della sanità.
Proteste sono arrivate anche dalle grandi realtà del nord, Veneto e Lombardia in testa. L’assessore alla Salute lombardo Guido Bertolaso, che aspetta finanziamenti per oltre 200 milioni, ha detto che i soldi non possono essere tolti: «Noi non siamo d’accordo, anche perché le spese legate all’ex articolo 20 sono già state programmate, abbiamo annunciato la costruzione di nuovi ospedali – il senso del suo intervento – E poi c’è un accordo in conferenza Stato-Regioni che stabilisce di togliere i soldi solo in caso di inadempienze e previa intesa. Le due condizioni qui non ci sono». Il coordinatore degli assessori alla Salute, l’emiliano Raffaele Donini, che deve ricevere un centinaio di milioni, ha messo in guardia i due ministri: «State prendendo un abbaglio». Tutti, inoltre, hanno rintuzzato Fitto quando ha fatto l’esempio dei vasi comunicanti: «Appunto se i fondi sono comunicanti e uno di questi viene ridotto si sta praticando un taglio».
Insomma, dalle Regioni è arrivata una fumata nera. Per tentare di uscire dalla situazione i ministri hanno annunciato che incontreranno le amministrazioni locali una ad una. Chiudere una partita del genere senza l’intesa con i presidenti è arduo, intanto perché si rischiano ricorsi ma soprattutto perché si porterebbe all’estremo lo scontro politico sulla sanità con gli amministratori locali di centrodestra.