Nella manovra resta il tetto di spesa per il personale ancorato a quella di quasi un decennio fa. E così secondo il presidente dell’Ordine dei medici, Filippo Anelli, «non sarà possibile risolvere il problema della carenza di medici e infermieri, che andrà anzi aumentando, perché nonostante le quasi 50 mila borse di studio finanziate dall’ex ministro Speranza, quelle nuove leve le vedremo tra 4-5 anni». E poi «ancorare la spesa a quella del 2004, per di più diminuita dell’1,4%, ha determinato due fenomeni negativi. Alle Regioni il piano di rientro dai deficit ha fatto scattare il blocco del turnover che non ha consentito di sostituire nemmeno chi è andato in pensione e in secondo luogo ha assoggettato la programmazione degli accessi alle scuole di specializzazione alle esigenze economiche anziché agli standard di qualità dell’assistenza».
Ma quanti medici mancano negli ospedali?
«Secondo l’Agenas, l’Agenzia pubblica per i servizi regionali, ne mancheranno 30 mila nei prossimi cinque anni. Tra i 70 e gli 80 mila da qui a otto anni secondo stime sindacali».
Anche i medici di famiglia sono sempre di meno. Come si tura la falla?
«L’Agenas stima sempre da qui a 5 anni una carenza di 11 mila medici, quasi 20 mila considerando anche pediatri, ambulatoriali convenzionati e medici del 118. Sono i sintomi di una gravissima malattia per la quale non si vede la cura».
Così pessimista?
«Il Pnrr di Draghi stanzia risorse per acquistare Tac, risonanze ad alta tecnologia, ma senza medici mi chiedo chi farà funzionare le macchine. I medici stanno scappando. Ad aprile un sondaggio rivelava che uno su tre vuole lasciare. Magari per andare all’estero, visto che in tutti i paesi occidentali sono pagati meglio che da noi. Oppure nel privato e nelle cooperative, dove i medici a gettone sono pagati mille euro a turno e facendone solo 4 o 5 guadagnano quanto un primario in un mese. Così il sistema non può reggere. E sa come finirà? Che alla fine l’avranno vinta le assicurazioni. Che è poi quanto di più iniquo possa esserci».
L’autonomia differenziata reclamata dalla Lega può fare il resto?
«Sì, perché le Regioni più ricche finirebbero per attrarre il personale che manca sul mercato creando ancora maggiori sperequazioni».
I 200 milioni stanziati dalla manovra per medici e infermieri dei pronto soccorso basteranno a decongestionarli?
«Pur apprezzando lo sforzo del ministro Schillaci è chiaro che non basterà se non verranno anche risolti i problemi strutturali che hanno portato i pronto soccorso al collasso. Mi riferisco alla carenza di letti nei reparti che fa stazionare oltre il lecito i pazienti sulle lettighe e al fatto che non è stata potenziata l’assistenza territoriale che dovrebbe fare da filtro».
Per farlo in realtà il Pnrr finanzia Ospedali e Case di comunità, che non sembrano convincere la nuova maggioranza. Lei cosa ne pensa?
«Che non rinuncerei alla capillarità della rete degli studi dei medici di famiglia, che non possono però da soli fare il lavoro di 31 diverse professioni sanitarie, ma devono essere messi nelle condizioni di lavorare in team. E poi vanno remunerati, perché il caro energia ha eroso il loro compenso professionale, facendo scappare i giovani e pre-pensionare i più anziani».
Che voto darebbe alla manovra?
«Sicuramente una piena insufficienza, ma promuoverei con un 7 Schillaci per l’impegno profuso a garantire un po’ di risorse in più». Pa. Ru. —
La Stampa
24 novembre 2022