In Minnesota quasi tutti i bovini nati negli ultimi anni non hanno le corna. Non è un caso isolato o il frutto di una selezione naturale, ma il risultato di una pratica deliberata e regolare di editing genomico sugli embrioni di questi animali.
“È un interessante esperimento condotto negli Stati Uniti che ha impiegato la tecnologia Crispr-Cas9 per affrontare un problema comune negli allevamenti intensivi di bovini da latte”, spiega Cinzia Marchitelli, ricercatrice presso il Centro di ricerca per la produzione delle carni ed il miglioramento genetico del Crea-za (Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Analisi dell’Economia Agraria-Zootecnia e Acquacoltura). “In questi contesti, è pratica comune rimuovere le corna ai vitelli per prevenire ferite durante le interazioni tra gli animali e per evitare che restino incastrati nelle strutture dell’allevamento.
L’utilizzo di Crispr-Cas9 per l’eliminazione delle corna
Nonostante l’uso di anestetici, questa procedura può causare dolore agli animali. L’Università di Davis, utilizzando il sistema Crispr-Cas9, ha sviluppato una soluzione genetica a questo problema”, afferma Marchitelli. L’eliminazione delle corna tramite Crispr-Cas9 sembra aver migliorato significativamente la sicurezza negli allevamenti, riducendo gli infortuni tra gli animali e tra gli agricoltori.
“L’impiego di Crispr in zootecnia è molto più avanzato rispetto alle applicazioni umane”, aggiunge Giuseppe Novelli, genetista del Policlinico Tor Vergata di Roma. “Questo è dovuto alla possibilità che si ha da anni di eseguire esperimenti e adattamenti in tempi rapidi e con maggiore flessibilità”.
Le altre tecniche
Crispr-Cas9 non è certo la sola tecnica di editing genetico che viene utilizzata nella zootecnia e quella citata non è l’unica applicazione. In Giappone sulle tavole sono già arrivati i primi pesci ingegnerizzati con tecniche di editing genetico, negli Stati Uniti la Fda ha approvato il salmone AquAdvantage che è stato modificato con editing genetico per crescere più rapidamente rispetto al suo corrispondente salmone atlantico non modificato, mentre potrebbe finire sul piatto degli americani anche la carne dei primi suini resistenti a un virus, la sindrome riproduttiva e respiratoria suina (Prrs), grazie all’editing genetico. L’azienda inglese che ha sviluppato la tecnica spera che la Fda darà la sua approvazione entro la fine del 2024.
E la sicurezza?
Questa, come altre notizie simili, solleva tuttavia alcune questioni: l’editing genetico può risolvere i problemi negli animali di allevamento che producono prodotti per alimentazione umana? Quanto è sicuro, quando si parla di alimenti per il consumo umano?
Mentre una parte della comunità scientifica invita alla cautela, sottolineando che non si conoscono gli effetti sull’uomo una volta ingeriti tali alimenti, numerosi ricercatori sostengono che l’utilizzo della tecnologia Crispr non comporti la produzione di organismi geneticamente modificati tradizionali.
Questo perché Crispr consente la sostituzione di geni all’interno della stessa specie, evitando l’introduzione di materiale genetico estraneo. Questo approccio è differente dalle tecniche tradizionali di generazione di Ogm, che spesso introducevano geni di altre specie in maniera meno controllata, a volte causando inserimenti casuali nel genoma potenzialmente pericolosi. Il caso è dunque complesso, e tocca anche gli aspetti normativi a riguardo e la definizione stessa degli animali che hanno subito editing genetico.
Le tecniche esistenti
Le Nuove tecniche genomiche (Ngt), note anche come tecniche di editing genetico, rappresentano un’avanzata metodologia per indurre mutazioni mirate nel genoma di organismi viventi. A differenza degli organismi ottenuti con i metodi di allevamento convenzionali, quelli derivati dalle Ngt non sono sempre distinguibili visivamente.
Lo scorso anno l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), che fornisce consulenza scientifica e comunica sui rischi esistenti e emergenti associati alla catena alimentare, ha pubblicato un report completo che analizza l’uso e la distribuzione delle diverse tecniche di editing genetico attraverso varie applicazioni e specie animali.
Tra gli esempi più noti figura il citato sistema Crispr-Cas9, spesso descritto come “forbici genetiche”, che dal 2012 permette un’edizione precisa del Dna a livello delle singole basi, i componenti fondamentali del codice genetico.
Crispr-Cas9 è la tecnica più utilizzata, impiegata in circa il 79% delle applicazioni, particolarmente apprezzata per la sua semplicità, precisione ed efficacia nel creare alterazioni genetiche specifiche; Crispr-Cas9 predomina nelle applicazioni usate nella creazione di knockout genetici singoli o all’introduzione di piccole modifiche genetiche.
I Talens (proteine chiamate effettori Tal) sono impiegati in circa il 14% delle applicazioni, e permettono alterazioni genetiche mirate simili al Crispr, ma sono meno utilizzati a causa del design più complesso e dei costi superiori associati al loro utilizzo.
I ZFNs (proteine a dito di zinco) sono utilizzati nel 4,5% delle applicazioni: questa tecnologia, più vecchia rispetto a Crispr e Talen, è stata largamente sostituita da queste nuove tecnologie a causa della sua complessità relativa e minore efficienza.
Base editing e Crispr/ Cas12a sono invece le tecnologie più recenti e rappresentano per il momento una percentuale minore (base editing 1,5%, Cas12a 0,5%); offrono capacità di editing raffinate, come la conversione di coppie di basi senza creare rotture del Dna a doppio filamento, riducendo la probabilità di risultati genetici non intenzionali. Queste tecniche vengono applicate in modo diverso a seconda della specie animale editata, riflettendo le considerazioni biologiche uniche di ciascun tipo di animale (es. mammiferi, uccelli, pesci, insetti).
Su quali animali sono utilizzate
In un rapporto del 2021 del Joint research centre (Jrc), il servizio di scienza e conoscenza della Commissione europea, cofirmato dall’italiana Claudia Parisi, sono riportate le diverse specie animali in cui nel mondo si sta utilizzando l’editing genetico.
La maggior parte degli sforzi mira a migliorare la salute animale, portare un incremento nell’efficienza produttiva, nel rendimento della carne, nella resistenza allo stress biotico, cioè causato da altri esseri viventi, come batteri e virus. Nei bovini, come citato, l’editing genetico è principalmente finalizzato alla creazione di esemplari privi di corna.
Nei suini, l’attenzione è rivolta all’aumento della resistenza a malattie come la sindrome riproduttiva e respiratoria porcina, con l’obiettivo di ottenere bestiame più sano e ridurre l’uso di antibiotici. Nel settore avicolo, le Ngt sono impiegate per sviluppare tratti che migliorano l’efficienza nella produzione di carne e uova.
Anche l’acquacoltura beneficia di queste innovazioni, con specie come il salmone e il tilapia (uno dei pesci più consumato al mondo) geneticamente modificati per crescere più rapidamente e resistere meglio alle malattie, fattori chiave per la sostenibilità del settore.
In ambito più ampio, le tecnologie sono applicate agli insetti, in particolare alle zanzare, per controllarne le popolazioni e ridurne la capacità di trasmettere malattie come la malaria. “Ma l’editing genetico è anche utilizzato sulle pecore, per produrre più lana, ad esempio”, ricorda Marchitelli.
Le soluzioni già sul mercato
Tutte queste applicazioni sono in differenti fasi di sviluppo, ma alcune hanno già raggiunto la commercializzazione. Come anticipato, il Giappone ha infatti commercializzato alcuni prodotti alimentari derivati da animali modificati con tecniche di editing genetico: l’orata con maggiore massa muscolare e maggiore efficienza alimentare, e il pesce palla tigre con crescita più rapida e maggiore efficienza alimentare. Questi prodotti sono stati soggetti a un processo di notifica di pre-commercializzazione volontaria, permettendo al governo di verificare la sicurezza e raccogliere informazioni sui prodotti in commercio per adottare ulteriori misure se necessario.
Oltre al Giappone, Paesi come gli Stati Uniti, la Cina e il Regno Unito sono in prima linea in sviluppi su vari fronti e per vari scopi, e ricerche sono in corso anche nell’Unione Europea, in particolare in Germania. E in Italia? “Nel contesto nazionale, la tecnica dell’editing genomico è stata applicata per rimuovere molecole antigeniche nei prodotti derivati sia da suini che da bovini, mirando ai geni GGTA1 e CMAH e per la ricerca su una malattia neurodegenerativa nei suini attraverso lo studio del gene SURF1”, spiega Cinzia Marchitelli.
I Paesi corrono a diverse velocità
Il panorama normativo sta cambiando rapidamente: in alcuni paesi le regolamentazioni sono chiare, in altri sono in fase di sviluppo e alcuni paesi devono ancora sviluppare politiche adeguate.
Lo scorso anno il Parlamento dell’Inghilterra ha approvato il “Genetic Technology (Precision Breeding) Act 2023” che definisce e regola l’uso degli organismi ottenuti mediante tecniche di precision breeding, ossia allevamento di precisione.
Secondo la legge, un organismo è considerato “precision bred” se tutte le caratteristiche del suo genoma derivanti da biotecnologie moderne sono stabili e potrebbero teoricamente risultare da processi tradizionali di allevamento, senza l’uso di tecniche di modifica artificiale estranee. In Inghilterra quindi si possono commercializzare alimenti ottenuti con editing genetico.
Questi animali possono essere commercializzati solo se ottengono un’autorizzazione specifica, attraverso un processo che prevede che venga dimostrato che le modifiche genetiche non causano effetti avversi e che gli animali soddisfano tutti i criteri di sicurezza stabiliti. Ciò include la valutazione dei rischi potenziali per la salute e il benessere degli animali modificati e la loro progenie.
Nell’Unione europea, l’editing genetico è attualmente vietato per la coltivazione e il consumo umano, in base alla Direttiva sugli organismi geneticamente modificati del 2001; nel 2018, infatti, la Corte di Giustizia Europea ha stabilito che gli animali sviluppati attraverso l’editing genetico sono considerati Ogm e devono essere soggetti alle stesse regolamentazioni degli organismi transgenici.
Questa decisione ha riaffermato la regolamentazione dell’Ue sul processo usato per creare organismi ingegnerizzati geneticamente, piuttosto che concentrarsi solo sulle caratteristiche dei prodotti finali. Ma tra gli stati membri dell’Ue c’è molto disaccordo riguardo a come l’editing genetico debba essere regolamentato.
Alcuni Paesi hanno richiesto riforme e la Commissione europea lo scorso anno ha fatto un primo passo presentando una proposta per i prodotti agricoli, senza tuttavia entrare nel merito dei prodotti derivati da animali da allevamento.
Secondo la proposta, ci saranno due percorsi regolatori per le future Ngt: uno per le piante considerate comparabili a quelle naturali o convenzionali, e un altro per piante con modificazioni genetiche più “complesse”. Queste due categorie saranno soggette a requisiti diversi per l’immissione sul mercato, che terranno conto delle loro “diverse caratteristiche e profili di rischio”. Le piante della seconda categoria saranno quindi soggette a requisiti più stringenti, in linea con la direttiva dell’Ue sugli organismi geneticamente modificati.
“Nel settore zootecnico la situazione è più complessa, complicata dal fatto che la clonazione e le modifiche genetiche negli animali sono fenomeni relativamente recenti”, afferma Marchitelli. “Nazioni come Giappone, Argentina, Brasile e Israele hanno sviluppato normative specifiche per affrontare particolari tipi di modifiche genetiche, mentre la Cina, che non possiede un quadro normativo chiaro per i prodotti dell’editing genetico, si distingue per la sua leadership nella ricerca e nei brevetti”.
L’aspetto biotetico
Che l’idea di commercializzare alimenti da animali che hanno subito editing genetico non piaccia a molti degli Stati europei è evidente: 19 di essi, Italia compresa, hanno già applicato restrizioni speciali aggiuntive sugli organismi geneticamente modificati, richiedendo la “limitazione della portata geografica di una domanda di autorizzazione o di autorizzazione per un Ogm”, che limita o vieta la coltivazione di organismi geneticamente modificati nel loro territorio.
Diversi aspetti concorrono in questo confronto, e spinte a favore e contro riforme per l’editing genetico degli animali riguardano aspetti economici, culturali ed etici. Riguardo questi ultimi, la questione degli animali allevati a scopo alimentare è centrale nel dibattito bioetico, specialmente nel settore noto come “etica della biocultura”.
Questo ambito della bioetica esamina le responsabilità morali nei confronti degli animali allevati per il consumo umano. Spiega Luisella Battaglia, presidente dell’Istituto italiano di Bioetica. “Nonostante ciò, spesso il loro benessere non è adeguatamente tutelato negli allevamenti. L’etica della biocultura ci richiama quindi a una maggiore consapevolezza e responsabilità, ricordandoci che, come agenti morali, dovremmo assicurare condizioni di vita dignitose agli animali. Da questa prospettiva, interventi genetici che prevengono malattie e migliorano il benessere degli animali non dovrebbero essere visti come eticamente negativi, ma come azioni terapeutiche che beneficiano sia gli animali, sia gli esseri umani”.
https://www.aboutpharma.com/animal-health/cosi-lediting-genetico-sta-trasformando-gli-animali-da-reddito/