Le ferie non godute vanno pagate in caso di dimissioni. Il caso parte da Copertino, in Puglia. Secondo i giudici di Lussemburgo il diritto alle ferie annuali retribuite non può dipendere da considerazioni puramente economiche
Il lavoratore che non può fruire di tutti i giorni di ferie annuali retribuite prima di dare le dimissioni ha diritto a un’indennità finanziaria. Lo ha stabilito la Corte di Giustizia dell’Ue. La sentenza riguarda il caso di un funzionario del comune di Copertino, in provincia di Lecce che dimessosi per il prepensionamento aveva chiesto un’indennità sostitutiva delle ferie annuali non godute. Il Comune pugliese invece sosteneva che il dipendente era obbligato a prendere i giorni residui di ferie prima delle dimissioni e che non poteva monetizzarli.
Cosa prevede la legge italiana
La legge italiana prevede che i lavoratori del settore pubblico non abbiano il diritto al pagamento delle ferie annuali non utilizzate. L’interpretazione data alla disposizione italiana dalla giurisprudenza nazionale consente la monetizzazione al posto del congedo annuale solo se il congedo non è stato effettivamente preso per motivi che esulano dal controllo del lavoratore, come la malattia.
Secondo il diritto europeo
Con la sentenza, i giudici di Lussemburgo impediscono alle normativa nazionale di vietare il versamento al lavoratore un’indennità finanziaria per i giorni di ferie annuali retribuite non goduti nel caso in cui il lavoratore ponga fine volontariamente al suo rapporto di lavoro. La Corte ha ricordato, inoltre, che il diritto dei lavoratori alle ferie annuali retribuite, inclusa la sua eventuale sostituzione con un’indennità finanziaria, non può dipendere da considerazioni puramente economiche, quali il contenimento della spesa pubblica.
Cosa cambia dopo la sentenza
Con questa sentenza, si stabilisce che un dipendente pubblico ha diritto a richiedere un indennizzo per le ferie non godute, anche in caso di dimissioni volontarie. Tuttavia, esiste un’eccezione: se si dimostra che il dipendente ha evitato intenzionalmente di usufruire delle ferie nonostante le sollecitazioni del datore di lavoro, il risarcimento può essere negato. In sostanza, se un datore di lavoro non ha fatto tutto il possibile per consentire al lavoratore di utilizzare le ferie, l’indennizzo è dovuto.
Questa interpretazione non è del tutto inedita. Già in precedenza, la Corte di Cassazione ha fornito un’interpretazione simile della normativa del 2012. Un caso emblematico è stato quello di un operatore sanitario di un’Asl, che aveva accumulato 157 giorni di ferie non utilizzate.
In quell’occasione, la Cassazione aveva stabilito che il diritto all’indennizzo può essere negato solo se il datore di lavoro dimostra di aver incoraggiato l’uso delle ferie. Il principio cardine di questa interpretazione è evitare gli abusi, impedendo situazioni in cui i datori di lavoro inducono i dipendenti a rinunciare alle ferie in cambio di compensi monetari, una pratica contraria al diritto al riposo.
Un nuovo approccio
Questa nuova sentenza della Corte UE rappresenta un momento cruciale per i diritti dei lavoratori in Italia, specialmente per i dipendenti pubblici. Segna un passo importante verso la protezione delle condizioni di lavoro e il rispetto dei diritti al riposo.
La sentenza chiarisce che le ferie sono un diritto fondamentale del lavoratore e non possono essere oggetto di trattative economiche. Con questa decisione, si apre una nuova era nella gestione delle ferie non godute, garantendo una maggiore equità e rispetto per i lavoratori.
La sentenza ribadisce l’importanza di bilanciare le esigenze economiche dello Stato con i diritti dei lavoratori, assicurando che le normative nazionali siano in linea con gli standard europei. Questo caso, come quello delle festività non godute, sottolinea l’importanza di un dialogo continuo tra leggi nazionali e direttive europee per garantire un ambiente di lavoro giusto e rispettoso dei diritti di tutti.