La Corte di Giustizia Europea, con la sentenza 18 gennaio 2024 nella causa C-218/2022, ha stabilito che le ferie annuali retribuite sono un diritto fondamentale del lavoratore del settore pubblico e non possono essere negate o limitate in caso di cessazione del rapporto di lavoro, anche in caso di dimissioni.
Con la sentenza in esame la Corte di Giustizia si è pronunciata sul diritto di un pubblico dipendente di un comune italiano ad ottenere la monetizzazione delle ferie non godute, maturate anche in anni precedenti alla cessazione, avendo rassegnato le sue dimissioni volontarie per accedere al pensionamento anticipato – spiega l’avvocato Fabrizio Scagliotti, giuslavorista e consulente di associazioni sindacali.
“La Corte ha ribadito che osta alla normativa comunitaria una norma, come quella adottato dallo Stato italiano che non preveda la monetizzazione delle ferie non godute alla cessazione del rapporto se questa è avvenuta con dimissioni volontarie, non rilevando la causa della cessazione del rapporto. La Corte ha affermato, come del resto aveva già stabilito in passato, che solo se il lavoratore, deliberatamente e con piena cognizione delle conseguenze che ne sarebbero derivate, si è astenuto dal fruire delle ferie annuali retribuite dopo essere stato posto in condizione di esercitare in modo effettivo il suo diritto alle stesse può perdere il diritto alla monetizzazione e ciò peraltroosservando che il datore di lavoro è segnatamente tenuto, in considerazione del carattere imperativo del diritto alle ferie annuali retribuite e al fine di assicurare l’effetto utile dell’articolo 7 della direttiva 2003/88, ad assicurarsi concretamente e in piena trasparenza che il lavoratore sia effettivamente in condizione di fruire delle ferie annuali retribuite, invitandolo, se necessario formalmente, a farlo, e nel contempo informandolo, in modo accurato e in tempo utile a garantire che tali ferie siano ancora idonee ad apportare all’interessato il riposo e la distensione cui esse sono volte a contribuire, del fatto che, se egli non ne fruisce, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato, o non potranno più essere sostituite da un’indennità finanziaria”.
E aggiunge: “La pronuncia dunque implicitamente censura anche la prassi secondo la quale le amministrazioni offrono al dipendente le ferie residue solo dopo che egli ha rassegnato le sue dimissioni, mettendole in coda al preavviso: in tal caso, infatti, esse non sono ancora idonee ad apportare all’interessato il riposo e la distensione cui esse sono volte a contribuire come sopra precisato e dunque deve essere corrisposta l’indennità sostitutiva. Si evidenzia peraltro che tale prassi è anche contraria alle ragioni finanziarie – peraltro censurate dalla sentenza – che reggono la norma italiana sul divieto di monetizzazione delle ferie: durante le ferie, infatti, si maturano altre ferie e dunque complessivamente l’ente sopporta un maggior onere.
Redazione Sivemp Veneto