Alterare le quietanze dei ticket sanitari al fine di trarne profitto, oltre che integrare il reato di peculato e falso in atto pubblico, produce un danno erariale per lesione dell’immagine dell’amministrazione da non confondersi con «le spese necessarie al suo ripristino», che costituiscono solo una delle componenti del danno, oltre a quella morale e immateriale.
In tal senso si è pronunciata la sezione I d’appello della Corte dei conti per la Regione siciliana, che ha condannato due funzionari dell’Ospedale Regina Margherita di Messina al ristoro del danno all’immagine dell’allora azienda Usl 5 di Messina, quantificando la componente immateriale del danno in 31.575,6 euro. L’ammanco è emerso a seguito di una segnalazione telefonica anonima. L’indagine riscontrava l’alterazione delle bollette di pagamento delle prestazioni sanitarie. Nel procedere alla compilazione della ricevuta veniva interposto un cartoncino tra la copia madre e quella figlia in modo da evitare che quanto scritto sulla ricevuta destinata al paziente venisse riportato anche sul foglio destinato all’Ufficio. Con questa tecnica nell’ultima copia risultava che il paziente aveva usufruito di esenzioni o riduzioni per condizioni economiche. Chiaro l’obiettivo: lucrare sul differenziale. II danno all’immagine veniva determinato dalla Corte dei conti in misura identica a quella del danno patrimoniale diretto, considerando in modo equitativo il pregiudizio alla reputazione e al prestigio derivante dalla divulgazione della notizia del fatto su un quotidiano locale (Gazzetta del Sud). II recupero dell’immagine pubblica, afferma la Corte, è essenziale per l’esistenza stessa della Pa e impone di intervenire per ridurre, in via preventiva, ed eliminare, in via successiva, i danni conseguenti alla lesione della sua dignità e del suo prestigio, con ovvie implicazioni anche di costi per l’Erario sia in termini economici che immateriali. Del resto, afferma il giudice, quand’anche si dovessero individuare e isolare spese specificamente rivolte alla riparazione dell’immagine pubblica, non può realisticamente ritenersi che esse siano di per sé sole sufficienti al ripristino dell’immagine stessa Che invece dipende da spese molto più consistenti, articolate e trasversali, volte da un lato ad assicurare una adeguata reazione contro l’azione lesiva e contro il suo autore e dall’altro a intraprendere attività promozionali, anche mediante apposite previsioni di bilancio, volte a ridare fiducia ai consociati e a rilanciare il prestigio dell’ente coinvolto.
Il Sole 24 Ore – 13 marzo 2012