di Gianni Trovati. I risultati previsti dalle varie spending review che si sono abbattute su Regioni ed enti locali nel 2008-2013 sono stati raggiunti, ma a un prezzo elevato che si può sintetizzare così:?meno servizi, più tasse per compensare in parte le riduzioni dei fondi, crollo degli investimenti e aumento della febbre dei bilanci, segnalata da termometri precisi come l’impennata delle anticipazioni di cassa, cioè dei prestiti chiesti allo Stato per superare i buchi di liquidità. A dirlo è la Corte dei conti, che nella relazione diffusa ieri sulla situazione finanziaria degli enti territoriali (delibera 29/2014) individua uno squilibrio nelle manovre di finanza pubblica:?agli enti territoriali, secondo i magistrati contabili, è stato chiesto «uno sforzo di risanamento non proporzionato all’entità delle loro risorse», in base a scelte andate «a vantaggio degli altri comparti che compongono il conto economico consolidato delle amministrazioni pubbliche», cioè il documento che l’Italia porta all’esame di Bruxelles. Il capitolo sanità
Tradotto:?troppi tagli agli enti territoriali e troppa grazia ai ministeri. Questa scelta, figlia del diverso peso che i vari comparti pubblici hanno quando si decidono le manovre, non è stata indolore.
Le conseguenze
Il problema è serio per i conti, ma grave per le sue ricadute concrete perché colpisce con più forza gli anelli più deboli del sistema, prima di tutto le aree del Sud. Senza «un adeguato concorso finanziario dello Stato» e un «più deciso sostegno alle politiche redistributive e di intervento compensativo», i ritardi del Sud «non potranno che aggravarsi» e gli ostacoli alla ripresa «saranno più difficilmente contrastabili». Gli effetti collaterali delle manovre riguardano però tutti gli enti territoriali.
Anticipazioni boom
Nei Comuni, per esempio, il «convulso legiferare in materia di entrate tributarie» ha moltiplicato i problemi di cassa e le richieste di anticipazioni di tesoreria (+35%), prestiti che devono essere restituiti allo Stato. Mentre le Province hanno prodotto una «severa riduzione di spesa», ma si sono viste azzerare le risorse statali (ora gli enti devono riversare soldi allo Stato per rispettare gli obiettivi delle manovre).
IL NODO DELLA SANITÀ
La Corte sembra chiedere un cambio di marcia prima di tutto per la sanità, in cui la spesa italiana è inferiore a quella di Francia e Germania di circa l’1,5% del Pil (2.481 dollari a testa contro i 3.691 della Germania). Solo nei prossimi giorni si saprà se e quanto la nuova ondata di spending review chiesta alle Regioni (4 miliardi, 5,7 contando anche le ricadute 2015 delle vecchie norme) colpirà la sanità, ma basta dare uno sguardo al passato recente per capire che almeno in termini finanziari l’idea di «salvaguardare» la salute dai tagli è una promessa buona per i dibattiti ma meno per la realtà. Sul punto la relazione diffusa ieri offre un dato chiaro:?la sanità rappresenta tra il 15 e il 16% della spesa corrente pubblica, ma nel 2013 ha assorbito il 30% dei tagli. Risultato:?a fine 2013 la sanità è “costata” 109,25 miliardi di spesa corrente, cioè tre miliardi in meno delle previsioni scritte nella legge di stabilità di quell’anno. Più delle scelte centrali, a determinare questi numeri sono state le decisioni delle Regioni, che hanno ridotto in tre anni del 68%?(da 7 a 2,2 miliardi) la quota di uscite non coperte dallo Stato.
Corte dei conti: “Senza investimenti diventa problematico mantenere i Lea”
Tra il 2010 e il 2013 con la spending review tagliato il 2,8% della spesa. Riduzione grazie a farmaceutica convenzionata (anche per l’aumento dei ticket) e costo personale (blocco turn over soprattutto). Nessuna riduzione da spesa per beni e servizi e continua a sforare la farmaceutica ospedaliera. La Corte: “Più assistenza territoriale e infrastrutture dove ci sono meno servizi”.
Una discesa di 3,1 mld tra il 2010 e il 2013 della spesa sanitaria pari al -2,8%. Un risultato gran parte ottenuto attraverso la contrazione della spesa per il personale e della farmaceutica convenzionata, anche se si segnala come i ticket sui medicinali siano cresciuti del 66% negli ultimi 4 anni. Permangono invece “difficoltà” nel contenere la spesa farmaceutica ospedaliera nonostante il ‘tetto’. E non si contrae nemmeno la spesa per beni e servizi. Bene invece i conti le Regioni in Piano di rientro che riducono i disavanzi, anche se le coperture richieste ai cittadini in molte Regioni (con addizionali Irpef e Irap alle stelle) continuano ad essere essenziali per far quadrare i conti di Asl e ospedali.
Questo e non solo è quanto emerge dall’analisi dell’ampio capitolo che la Corte dei conti dedica alla Sanità nella sua ‘Relazione sulla gestione finanziaria per l’esercizio 2013 degli enti territoriali’. Ma la Corte oltre a fotografare e analizzare la situazione indica le aree su cui intervenire (vedi approfondimento), ma soprattutto mette in guardia sui rischi futuri. “Ulteriori risparmi – si legge – , ottenibili da incrementi di efficienza, se non reinvestiti prevalentemente nei settori dove più carente è l’offerta di servizi sanitari, come, ad esempio, nell’assistenza territoriale e domiciliare oppure nell’ammodernamento tecnologico e infrastrutturale, potrebbero rendere problematico il mantenimento dell’attuale assetto dei LEA, facendo emergere, nel medio periodo, deficit assistenziali, più marcati nelle Regioni meridionali, dove sono relativamente più frequenti tali carenze”. Ma andiamo per ordine e partiamo dalla spesa.
Per quanto riguarda la spesa finale la Corte evidenzia “i consistenti effetti di riduzione della spesa che le manovre correttive dei saldi di finanza pubblica, adottate nello scorso triennio, hanno prodotto a carico del Ssn e delle spese per altre prestazioni di servizi: nel 2013, infatti, la spesa complessiva per consumi finali attribuibile al Servizio sanitario nazionale è stata pari a 109,6 mld, con un decremento nominale del 2,8% rispetto al 2010 pari a 3,1 mld”.
La spending review e la sanità. “Esiti non sempre coerenti con aspettative”. Nella relazione della Corte si effettua anche un focus sulle misure di razionalizzazione della spesa sanitaria adottate negli anni 2012/2013 su farmaceutica, consumi intermedi, acquisto di prestazioni da operatori privati accreditati. Ma gli “esiti non sempre sono stati coerenti con le aspettative pronosticate: esaminando, infatti, la dinamica delle variazioni percentuali delle principali voci di spesa, si osserva che le misure hanno avuto massima efficacia per quanto riguarda la spesa farmaceutica, che diminuisce, nel biennio 2012/13, rispettivamente del 7,3% e del 3%”. Ma la Corte segnala anche come il “contenimento della spesa farmaceutica convenzionata sta passando anche attraverso misure di compartecipazione finanziaria di consistente significatività, la cui eventuale espansione potrebbe comportare profili di problematicità”. Nel 2013 gli assistiti hanno versato al SSN, al “netto” degli altri ticket sulla diagnostica e le prestazioni specialistiche, 1.436 milioni, pari all’1,3% della spesa sanitaria corrente complessiva, con una media pro capite di circa 24 euro (di cui 9 per ticket sulle ricette). Da notare che nel periodo 2009/2013, a fronte di un incremento del numero di ricette del 6,3%, gli importi versati dai cittadini per ticket e compartecipazione al prezzo di riferimento sono aumentati del 66,6%”.
Altra spesa in calo è quella relativa ai redditi da lavoro dipendente (-1,5% nel 2012 e -1,1% nel 2013) anche se l’effetto “è riconducibile alle manovre finanziarie approvate precedentemente alla “spending review”, con le leggi che, a partire dal 2005, hanno bloccato il turn- over nelle Regioni in Piano di rientro.
I “consumi intermedi, a fronte di riduzioni di spesa programmate dal dl 95/12 per la fornitura beni e servizi (ad eccezione della spesa farmaceutica) pari, nel biennio 2012/13, rispettivamente al 5% e al 10% del valore dei contratti in essere, sono cresciuti, nel 2012, del 2,4%, mentre nel 2013 hanno fatto registrare una variazione sensibilmente più ridotta, pari allo 0,3%”.
Per ciò che riguarda “gli acquisti di prestazioni da operatori privati accreditati, malgrado le riduzioni di spesa disposte dal d.l. n. 95/12 (rispetto al 2011, -0,5% e 1% nel biennio 2012/13), hanno avuto un andamento in linea con le attese per l’anno 2012 (-0,5%) e un aumento dell’1,4% nel 2013”.
In ogni caso la Corte evidenzia come “il sistema sanitario nel suo complesso, malgrado persistenti criticità dei Servizi sanitari regionali in alcune Regioni sottoposte a piano di rientro, sta riassorbendo i disavanzi pregressi grazie agli efficaci meccanismi di monitoraggio. Il disavanzo gestionale delle Regioni, prima delle coperture, nel 2013 è stato di 1 mld di euro. Nel 2012 era stato di 2,4 mld di euro e nel 2011 di 1,7 mld. Da evidenziare come la Regione Lazio con disavanzo di 669 mln (coperti con 880 mln di tasse) gioca un ruolo quantomeno ‘decisivo’.
La Relazione segnala poi come è in riduzione anche la massa debitoria degli enti del SSN specie per la parte relativa ai debiti commerciali, con una diminuzione di oltre 9,5 miliardi nel triennio 2011-2013 (importo che non ricomprende quello delle Regioni Toscana e Calabria, di cui non sono disponibili i dati del 2013).
20 gennaio 2015 – Il Sole 24 Ore e Quotidiano sanità