Il rinnovo dei contratti del pubblico impiego costerebbe a regime 1,7 miliardi all’anno. Il calcolo arriva dalla Corte dei conti, e prende a riferimento i valori dell’Ipca, cioè l’indice dei prezzi al consumo armonizzato che devono misurare gli aumenti in base all’accordo scritto nel 2009 ma mai attuato per il congelamento dei rinnovi intervenuto l’anno dopo. In questi termini, il ragionamento dei magistrati contabili solleva qualche incognita sugli stanziamenti previsti in manovra, ma non si traduce in una bocciatura. Anche perché la legge di bilancio ha creato un «fondo unico» della Pa, che oltre ai contratti è chiamato a finanziare anche nuove assunzioni (da quantificare) e la conferma del bonus da 80 euro per militari e forze dell’ordine. Tutto dipende quindi dall’articolazione definitiva che queste risorse troveranno con i provvedimenti attuativi. Qualche conto, però, si può fare. Tolto il bonus da 80 euro, le assunzioni e la scuola, a disposizione dei contratti statali restano l’anno prossimo circa 1,1 miliardi di euro.
A cui si deve aggiungere una cifra quasi equivalente che fondo sanitario, regioni ed enti locali dovranno trovare per i loro rinnovi. Il conto sale di 400 milioni dal 2018, ma lì le prospettive della distribuzione delle somme fra le varie voci sono ancora più incerte. La questione si complica poi per il fatto che i rinnovi contrattuali producono maggiori entrate fiscali e contributive.
Il Sole 24 Ore – 8 novembre 2016