La Stampa. Bene la linea di politica fiscale prudente ed il severo controllo dei conti. Bene anche le semplificazioni sul fronte degli appalti, e la tenuta dell’economia («solida base per avere fiducia» sostiene il presidente Guido Carlino), quello che invece proprio non va sono le sanatorie fiscali. Troppe, dannose. Secondo la Corte dei Conti, che ieri ha presentato il Giudizio di parificazione sul Rendiconto dello Stato 2022, infatti, «gli effetti negativi di una politica fiscale basata su frequenti e reiterati condoni sono molteplici» come l’attesa di ulteriori condoni e l’adeguamento dei contribuenti onesti al «modus operandi» dell’Italia.
«Innanzitutto – osserva la magistratura contabile – in congiunture finanziarie complesse, come quelle che hanno contraddistinto la recente storia dell’Italia, il ricorso ai condoni rischia di sollecitare aspettative di ulteriori condoni futuri, resi necessari proprio dalle medesime difficoltà finanziarie». Senza contare poi che il ricorso ai condoni o ad altre forme di sanatoria «compromette l’efficacia impositiva ordinaria dell’amministrazione finanziaria, la cui attività perde di continuità ed efficienza». E ancora, la politica dei condoni «mina alla radice la credibilità del sistema, sottraendo alle imposte il loro significato di strumento democratico di finanziamento della cosa pubblica: premiando proporzionalmente di più chi maggiormente si rende attore di condotte evasive, vengono implicitamente indotti anche i contribuenti onesti ad adeguarsi a tale illegittimo modus operandi».
Il ricorso a provvedimenti, che vuoi per le difficoltà del recupero vuoi per esigenze di bilancio, offrono la definizione agevolata dei debiti iscritti a ruolo, «oltre ad incidere negativamente in termini equitativi e sul contributo di ciascuno al finanziamento dei servizi pubblici, rischiano di comportare ulteriori iniquità» viene poi segnalato dalla Corte dei Conti. Che, in particolare, segnala come le diverse disposizioni assunte tra il 2016 e il 2018 «hanno visto la presentazione di più di 4,1 milioni di istanze per 53,8 miliardi di introito previsto, di cui per oltre 33,6 vi è stato un omesso versamento».
In termini di effetti finanziari, «nell’azione dell’amministrazione tributaria continuano a prevalere i controlli di tipo automatico (11,3 miliardi gli introiti nel 2022), mentre minori risultati producono le attività volte alla individuazione delle basi imponibili e delle imposte non dichiarate (5,8 miliardi gli introiti da attività di controllo sostanziale nel 2022)», ha poi segnalato il presidente di Coordinamento delle Sezioni riunite della Corte, Enrico Fiaccadoro. Per questo, a suo parere, «sarebbe certamente importante una piena e completa utilizzazione» delle banche dati tributarie e, in particolare, di quelle relative a fatture elettroniche e rapporti finanziari, «che dovrebbe costituire un aspetto centrale di una strategia di contenimento dell’evasione».
Quanto al Pnrr, nonostante il governo abbia dimostrato grande insofferenza per gli interventi della Corte dei Conti, al punto da cancellare il giudizio concomitante della magistratura contabile sul piano nazionale di ripresa e resilienza, il presidente Carlino ieri è tornato a incalzare l’esecutivo ricordando che «la rapida e piena attuazione delle misure rappresenta una condizione fondamentale per la crescita grazie all’aumento della produttività e alla modernizzazione del sistema Paese che discende dall’insieme degli investimenti e delle riforme strutturali previste dal Piano». Meloni&C. sono avvisati.