Il segretario della Lega Matteo Salvini e il governatore del Veneto Luca Zaia allíHotel Monaco, durante la conferenza stampa a commento del risultato elettorale, Venezia, 29 settembre 2020. ANSA/ANDREA MEROLA
Per il presidente leghista la sua regione è come una Ferrari, mentre le altre sono più simili a una Fiat 500. Peccato, però, che i dati di dicembre raccontino un’altra storia: record negativo di mortalità e maggiore occupazione dei posti letto in terapia intensiva in rapporto alla popolazione
Il Fatto quotidiano. Giornata nera in Veneto sul fronte dei decessi Covid. Nelle ultime 24 ore sono morte 191 persone, un dato che probabilmente comprende anche decessi avvenuti qualche giorno prima, ma comunque costituisce il record negativo nella contabilità della pandemia. La situazione è grave, ma ai vertici della Regione si continua a minimizzare. Un giorno da solo non basta, ma sarebbero sufficienti i dati dall’1 al il 28 dicembre in Italia per indurre i leghisti veneti a una maggiore prudenza. Invece si ostinano a negare l’evidenza, ossia l’esistenza di un “caso Veneto”. E difendono a oltranza l’eccellenza di un sistema sanitario che esegue 40mila tamponi rapidi e 20mila tamponi molecolari in un giorno, per affermare che le percentuali fornite dal ministero della Sanità sono fuorvianti e penalizzano il Veneto, che proprio perché continua a fare più tamponi delle altre regioni risulta avere un numero di infetti esageratamente superiore.
Ovviamente i dati di un giorno sono solo indicativi di una tendenza. Ma che la struttura sanitaria veneta sia travolta dalla seconda ondata della grande pandemia è dimostrato dalla sequenza dei decessi riferita a tutto il mese (fino al 28) di dicembre, estrapolata dai dati forniti giornalmente dal ministero della Sanità. Il presidente Luca Zaia continua a dire che la sua regione è come una Ferrari, capace di sfornare migliaia di tamponi al giorno, mentre le altre strutture sono come una 500. Purtroppo per i veneti, i numeri dicono che questo non basta, perché alla fine, come in una guerra, sono i morti che si contano, non i proiettili che si sparano contro il nemico.
Tradotte in numero di morti ogni 100mila abitanti, queste cifre dimostrano che in Veneto se ne sono registrati 48,8. Di più che in Emilia-Romagna (39,6 decessi) e in Piemonte (circa 36). Molti di più della tanto bistrattata Lombardia che ne ha avuto 30,2 ogni 100mila abitanti, o di Toscana (26,2), Puglia (22,7), Lazio (20,6), Campania (18,08) e Sicilia (15,5).
La recrudescenza in Veneto è quindi un dato incontrovertibile, che solo i vertici della Regione sembrano non vedere. Sonia Brescacin (gruppo Zaia Presidente) che è ai vertici della commissione Sanità, ha dichiarato: “È per il fatto di fare tanti tamponi giornalieri che il numero di positivi in Veneto è alto. Perché li cerchiamo e in modo mirato. La sinistra la smetta di gettare fango sulla sanità veneta, così non fa il bene dei cittadini e della loro salute”.
Una prova ulteriore dell’escalation è nel numero di posti di terapie intensive occupate. Il 25 novembre, quando in Italia hanno raggiunto il punto massimo con 3.848 unità, il Veneto aveva 324 pazienti in unità critica, pari all’8,4 per cento del totale (in linea con la popolazione). Ma il 10 dicembre con 358 posti occupati su 3.291 in Italia era già al 10,9 per cento, il 20 dicembre con 342 su 2.743 totali era al 12,5 per cento, il 28 dicembre con 373 terapie intensive in Veneto su un totale di 2.565 è balzata al 14.5 per cento.