Sempre più frantumate, invecchiate e meno attive sul mercato del lavoro, le famiglie italiane escono con le “ossa rotte” dagli anni della crisi. La fotografia scattata da Italia Lavoro, rimescolando i microdati Istat, riflette una vera e propria tendenza alla frammentazione: la coppia con figli, pur restando in vetta, dal 2004 in poi ha visto diminuire il proprio peso, passando da un’incidenza del 42,5% sul totale dei nuclei al 36,7 per cento.
In forte crescita risultano, invece, le persone sole, che sono passate da poco meno di 5,7 milioni a oltre otto (+42,2%), e i genitori single con figli a carico, che hanno superato quota 2,1 milioni, in aumento di un quarto rispetto al 2004.
Una polverizzazione che ha fatto crescere di più il numero delle famiglie (+8% dal 2006 al 2012) rispetto al trend della popolazione (+1,1%). «È lo specchio di un Paese – commenta Luigi Campiglio, docente di politica economica all’Università Cattolica di Milano – sempre più al femminile: le donne con una speranza di vita più lunga sono spesso vedove o sole in tarda età, oppure ne troviamo di mezza età senza figli che si occupano delle madri anziane, o ancora giovani separate dal marito che accudiscono da single i figli». Con effetti negativi in termini economici, «visto che le lavoratrici – aggiunge Campiglio – restano prevalenti nelle posizioni meno pagate e hanno scarse prospettive di carriera rispetto agli uomini».
La crisi del lavoro
Lo studio di Italia Lavoro non lascia grandi spazi all’ottimismo e tratteggia effetti pesanti anche sull’occupazione. L’anno scorso il 16% dei nuclei ha avuto almeno un componente colpito dalla perdita del posto per licenziamento, cessazione dell’attività dell’impresa o per scadenza del contratto a termine, contro il 13% di un anno prima. In valore assoluto si tratta di poco meno di quattro milioni di nuclei familiari, aumentati del 20% in un anno.
Restringendo l’obiettivo sul territorio, emerge che è il Sud a soffrire di più: in Sardegna il 24% delle famiglie ha almeno un componente che ha perso il lavoro nel 2013, in Calabria il 23,3%, in Puglia il 22% e in Sicilia il 21% (si veda l’infografica a lato). «Durante la crisi – sottolinea Daniela Del Boca, docente di economia politica all’Università di Torino – si aggrava il fenomeno di “polarizzazione” tra le famiglie in cui si lavora in due e quelle in cui nessuno è “attivo”, già in atto negli anni precedenti e non solo in Italia. hanno subìto almeno una perdita di lavoro nel giro di un anno, che hanno un figlio a carico (41%), con almeno un Neet (21%) e nel 14% dei casi sono composte da soli stranieri.
Il peso dei Neet
E se da un lato sempre più madri e padri perdono il lavoro, dall’altro sempre più figli faticano a uscire di casa. Nel 2013 su un totale di 25 milioni di famiglie l’8,3% ha almeno un Neet (giovane al di sotto dei 30 anni che non studia e non lavora) all’interno: si tratta di 2,1 milioni di unità, che rappresentano il 31,4% di tutte le famiglie con un componente tra i 15 e i 29 anni. E in 280mila ce n’è più di uno.
Nella maggior parte dei casi si tratta di coppie con figli (1,5 milioni), che corrispondono a 1,8 milioni di Neet. Tutti figli? Non proprio, visto che dal report si osserva che oltre 320mila rivestono il ruolo di genitore. Tra questi ultimi, «c’è una maggioranza di individui – spiegano da Italia Lavoro – con coniuge occupato, prevalentemente con qualifica di lavoro manuale, ma anche un buon quarto che non può contare su alcun sostegno economico derivante dal lavoro».
Con riferimento ai figli Neet, la metà ha un solo genitore occupato – per lo più con qualifica medio-bassa -, il 23,5% ha entrambi i genitori inseriti al lavoro, ma ben t re su dieci(423mila) hanno mamma e papà privi di un impiego.
«Una condizione di grave criticità – conclude il sociologo Egidio Riva – frutto della disillusione di fronte alle aspettative lavorative dei giovani che vengono puntualmente tradite. Il lavoro è una risorsa sempre più scarsa e non solo non lo si ricerca più, ma si rinuncia anche ad accedere a livelli di istruzione più elevati, come conferma il calo di matricole all’università».
Il Sole 24 Ore – 24 novembre 2014