Lo zoo, inteso come il tradizionale giardino zoologico, è da anni superato perché grazie all’emergere di sempre nuove conoscenze scientifiche si sono via via adottati differenti criteri che hanno portato a un cambiamento radicale del concetto di cattività. Oggi si parla di bioparco e non semplicemente per dare un nome nuovo (un eufemismo) al vecchio zoo tradizionale, bensì per rimarcare anche con la terminologia l’adozione di nuovi intenti e di nuovi metodi.
Quanto appena accaduto allo zoo di Copenaghen sembra tuttavia un ritorno al passato, una regressione che in buona parte vanifica il percorso culturale avvenuto nella maggior parte di queste istituzioni. Marius, un maschio di giraffa di nemmeno 2 anni, è stato abbattuto perché in surplus numerico e genetico. Il corpo è poi stato sottoposto a dissezione alla quale il pubblico, bimbi compresi, è stato invitato ad assistere. Infine la sua carne è stata data in pasto ai carnivori ospiti dello stesso zoo. Una sequenza di azioni che sta sollevando un’imponente onda di protesta. Una petizione per salvare Marius, pur supportata da 22.000 firme, è stata ignorata. E così anche la richiesta di altri zoo di ospitarlo. È stata rifiutata, correttamente in questo caso, la generosa offerta di un privato che lo voleva invece tenere per sé.
Le ragioni di quanto accaduto sono state esposte con disarmante chiarezza dal direttore dello zoo che ha spiegato la necessità dell’istituzione da lui diretta di osservare e attenersi rigorosamente a un protocollo di mantenimento e riproduzione delle giraffe in cattività. Questi animali in quello zoo godono di ottima salute, sono lasciati liberi di accoppiarsi, non vengono somministrati in alcun modo contraccettivi e, onde evitare un tasso troppo elevato di consanguineità, gli individui con genotipo già presente vengono sacrificati. In fondo, continua il direttore, è quello che si fa con le popolazioni di cervi in esubero nei parchi intorno a Copenaghen.
Sorprende che in tutte le dichiarazioni rilasciate non vi sia un minimo cenno a principi di bioetica, al rispetto della vita, alla responsabilità che abbiamo verso le altre specie e a maggior ragione per quelle in via d’estinzione. Viene detto, tra l’altro, che uno zoo non ha l’obbligo di preservare i singoli individui bensì le specie. Eppure quel giovane maschio è stato chiamato Marius, gli è stato dato un nome, un’identità.
Così facendo lo si è voluto riconoscere come individuo e non ha dunque senso eliminarlo solo perché portatore di una replica di geni non utili allo zoo. Viene da pensare a quanto, probabilmente, sarebbe stato prezioso il patrimonio genetico di Marius, se restituito alla natura. Perché non programmare la reimmissione di questi individui nella loro zona di origine? In molte zone dell’Africa le giraffe sono ormai ridotte a un numero esiguo. L’immissione di giovani individui sani nati in cattività sarebbe l’effettivo completamento di un serio programma di conservazione delle specie.
Anche la dissezione del corpo a scopo autoptico, avvenuta davanti al pubblico, lascia perplessi. Non so quanto tutto questo sia formativo. Penso in realtà che sia un malinteso senso della scientificità, o meglio ancora un senso volutamente riduttivo. Le scienze della vita non possono limitarsi all’esibizione di un’autopsia, che fatta in pubblico sa un poco di sadismo. Sappiamo perfettamente che nei vertebrati superiori albergano emozioni e sentimenti. Meglio sarebbe pertanto educare la gente, in special modo i giovani, al rispetto dei viventi. Quanto all’anatomia si studia benissimo in altri luoghi e modi. E poi c’è dell’altro: sappiamo che i cuccioli che nascono negli zoo diventano personaggi e fanno grandemente aumentare introiti e visitatori. Specie bambini, che per loro sviluppano un forte attaccamento. Perché non coltivare questa naturale attitudine orientandoli al rispetto di ogni forma di vita? Un’opera di educazione che nei nostri bioparchi viene spesso lodevolmente svolta. Una missione a cui bene si prestano gli animali in cattività, ma in questo caso non sono certamente considerati soltanto anonimi individui selvatici, geni in esubero o pasto (a chilometro zero) per altri animali.
Corriere della Sera – 10 febbraio 2014