La FDA ha annunciato un giro di vite per quanto riguarda i controlli sul latte. La decisione scaturisce dalle richieste di un’opinione pubblica sempre più esigente e dal fatto che gli antibiotici analizzati nelle analisi sono usati meno di un tempo e rappresentativi, solo di una piccola parte di ciò che viene utilizzato negli allevamenti americani. La bozza di normativa, secondo quanto riferisce la Reuters, è al momento on line e resterà fino alla fine luglio, per raccogliere suggerimenti e informazioni dal pubblico.
Fino a ora i controlli sugli antibiotici prevedevano, obbligatoriamente, l’analisi della concentrazione di quattro dei sei beta lattamici disponibili, tra i quali penicillina, ampicillina e amoxicillina, cioè tre tra le più vecchie molecole antibatteriche in circolazione. La norma risale al 1992, e anche se le prime richieste di aggiornamento da parte di varie associazioni di consumatori risalgono al 2008, nulla è cambiato da allora. Nel frattempo sono stati introdotti nel mercato veterinario altri farmaci tra i quali la flunixina, antidolorifico, il florfenicolo, antimicrobico e la tularomicina, antibiotico macrolidico (cioè molto più moderno rispetto ai betalattamici, usato per alcune patologie respiratorie dei bovini). Nei mesi scorsi un’indagine della stessa FDA aveva sollevato il velo: analizzando oltre 2.000 campioni di latte e prodotti caseari, l’agenzia aveva rilevato che il 99% era in regola, ma l’1% no, e conteneva, tra i vari prodotti inattesi, uno o più tra sei farmaci non approvati per l’uso nei bovini da latte e non inclusi nelle liste delle sostanze da controllare.
C’è dunque la necessità di ampliare i controlli. E poi c’è un altro dato da valutare ed è la tendenza dei consumatori americani a preferire alimenti “puliti e di conseguenza prodotti di origine animali provenienti da animali allevati senza promotori della crescita e medicinali non strettamente necessari. Nel 2014 il settore dei derivati del latte biologici è cresciuto dell’11% rispetto all’anno precedente, ed è giunto a muovere un mercato da 5,5 miliardi di dollari l’anno. Un segnale che molte aziende hanno recepito visto che la tendenza a rimuovere sostanze non necessarie e potenzialmente dannose sembra ormai quasi inarrestabile. Nei giorni scorsi, Taco Bell e Pizza Hut hanno annunciato l’eliminazione dai loro prodotti di coloranti e aromatizzanti artificiali entro luglio, seguendo così la strada aperta mesi fa da altri gradi marchi. La Kraft, in aprile, aveva dichiarato che avrebbe tolto i coloranti e i conservanti artificiali dai “macaroni” e dai prodotti pronti a base di formaggio. Nestlè USA, poche settimane prima, ha annunciato di voler agire allo stesso modo, per coloranti e aromatizzanti, in oltre 250 prodotti, entro il 2015. Da ultimo la catena Mexican, più timida, che ha detto che farà il possibile entro il 2017.
In molti paesi occidentali l’opinione pubblica sembra ormai in grado di orientare le scelte delle autorità sanitarie e delle grandi aziende, verso prodotti più sani e con meno additivi, soprattutto quando non sono strettamente indispensabili e del tutto sicuri.
Agnese Codignola – Il Fatto alimentare – 3 giugno 2015