Sgombro, tonno, sarda o pesce spada. Consumati freschi sono, molto probabilmente, riconoscibili a tutti. Più difficile capirne la differenza se questi pesci, appartenenti alla famiglia degli scombrida e che ne comprende circa 50 tipi, vengono confezionati insieme ad altri alimenti. La sostituzione di una specie con un’altra, di valore commerciale inferiore, rappresenta la frode più comune. La possibilità di svelare queste sostituzioni rappresenta un servizio di tutela sia nei confronti della grande distribuzione che del consumatore finale. Questo è soltanto un esempio dell’infinità di “falsi” in campo alimentare. Per svelarli ci sono diversi strumenti, ma quelli più efficaci per l’autenticazione degli alimenti si basano sull’analisi del dna. «Una qualunque affermazione concernente la presenza di un componente in un alimento coinvolge necessariamente un’analisi genetica» afferma Stefano Lo Priore, managing director della start up innovativa Hyris e ideatore di bCube, un dispositivo portatile (un cubo di 10 centimetri per lato dal peso di un solo chilogrammo) per la diagnostica molecolare e l’analisi del dna. Nata alla fine del 2014, la società, composta da un team di venti persone tra specialisti nel biotech e nella microelettronica, ha aperto la sua sede a Milano con il laboratorio di ricerca a Lodi e si è focalizzata su applicazioni industriali. Lo scopo è quello di fornire informazioni sull’origine e sul contenuto degli alimenti che il consumatore acquista. La piattaforma mette anche in grado le imprese di certificare l’autenticità dei loro prodotti, sia per rispettare le normative vigenti che per valorizzare e proteggere le produzioni dalla concorrenza. «bCube è uno strumento che serve a trasformare materiale biologico in dati — spiega Lo Priore —: oltre alla “scatola”, in base alla tipologia di analisi viene fornito un kit di reagenti. Funziona con una app multipiattaforma che registra e organizza i dati in cloud. I risultati possono poi essere forniti in forma “grezza” se diretti a biologi, o in forma elaborata se richiesti da persone non esperte». I campi di applicazione, oltre alla filiera alimentare, abbracciano anche settori come la fitofarmaceutica, il fitosanitario, la medicina veterinaria fino al monitoraggio ambientale e alla ricerca biomedicale.
«Poiché il dna si trova in qualsiasi organismo, l’analisi del codice genetico è diventata una fonte essenziale d’informazioni certe sull’identità dei prodotti, ma può essere utilizzato anche per l’identificazione dei virus come il Dengue e la Zika e i parassiti malarici nelle zanzare». A questo scopo Hyris sta collaborando con la John Hopkins University di Baltimora che, grazie alla facilità di trasporto di bCube e alla velocità dei risultati delle analisi, riesce a monitorare la diffusione di queste malattie anche in zone impervie. Cercando così di evitare il propagarsi dei virus che, a causa del cambiamento climatico, stanno raggiungendo anche l’Europa. La società ha inoltre investito nella costruzione di una rete di partnership nel mondo accademico: con la Usp (United States Pharmacopeia Association) sta lavorando allo sviluppo di protocolli di test del dna per l’identificazione delle specie botaniche e con la Fda (Food and Drug Administration) per il controllo delle filiere nutrizionali.
Le altre applicazioni
L’apparecchio può essere utilizzato anche per identificare virus come Dengue e Zika
In meno di quattro anni la società ha più che raddoppiato il suo fatturato che è passato dai 200 mila euro nel 2017 ai 400 mila nel 2018 e conta di raggiungere il milione entro fine anno.