Proposta di Poletti e sinistra Pd: in caso di licenziamento dopo i primi 3 anni, l’impresa deve pagare i contributi pregressi. No di Renzi e Padoan. Varrà solo per le nuove assunzioni effettuate dalle imprese tra il 1?gennaio e il 31 dicembre 2015 l’azzeramento triennale dei contributi. Per l’esonero dal pagamento è previsto un limite massimo di 6.200 euro su base annua.
A beneficiarne saranno i neoassunti, a condizione che non abbiano lavorato a tempo indeterminato nei sei mesi precedenti presso qualsiasi datore di lavoro.
Le novità sono contenute nell’articolo 12 della legge di stabilità, o meglio nella versione entrata in Consiglio dei ministri di mercoledì sera, che esonera le aziende dai versamenti contributivi solo per la quota spettante al datore di lavoro (circa il 30%) – non per il 9,19% a carico dei lavoratori – che saranno posti a carico dello Stato e coperti con lo stanziamento di 1 miliardo per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017. Tra i punti su cui ancora ieri si stava ragionando all’interno del governo, c’è quello relativo alle conseguenze per il datore di lavoro che dopo aver beneficiato dell’azzeramento contributivo per tre anni, al quarto anno decida di licenziare il lavoratore. La versione d’ingresso in Consiglio dei ministri non prevede alcun obbligo per l’impresa, ma alcuni ministri (Poletti) e la sinistra Pd sarebbero propensi ad introdurre un vincolo, chiamando l’impresa a restituire lo sgravio in caso di licenziamento. Tuttavia sia il premier Renzi che il ministro dell’Economia Padoan si sono detti contrari, perchè sarebbe un ostacolo all’utilizzo dello sgravio da parte delle imprese.
La dote complessiva per l’azzeramento contributivo, spiegano i tecnici del governo, è destinata ad aumentare a 1,8 miliardi per il 2015, 3,5 miliardi per il 2016 e 3,7 miliardi per il 2017. Vengono infatti soppressi i benefici contributivi concessi alle imprese che stabilizzano l’apprendista al termine dei tre anni di apprendistato. Vale la pena ricordare che la contribuzione per gli apprendisti pari al 10% (per le aziende fino a 9 dipendenti lo sgravio è totale) vale per i primi tre anni di contratto, ma in caso di trasformazione del rapporto di lavoro dopo il periodo di apprendistato, si prevedeva il mantenimento del regime contributivo per un altro anno. Questa agevolazione viene cancellata, con prevedibili ricadute negative per l’apprendistato che già fatica a decollare (rappresenta solo il 3,1% delle attivazioni). Analogamente viene cancellato il beneficio della legge 407 del 1990, destinato alla rioccupazione dei disoccupati di lunga durata, che prevedeva lo sgravio totale dei contributi per tre anni per i disoccupati da almeno 2 anni, usato soprattutto al Sud. Il testo stabilisce che lo sgravio «non è cumulabile con altri esoneri o riduzioni delle aliquote di finanziamento previsti dalla normativa vigente». Sono esclusi dallo sgravio il settore agricolo, i contratti di apprendistato e i contratti di lavoro domestico.
Resta dubbia l’interpretazione relativa all’esonero per l’impresa dal pagamento dei contributi; se cioè i 6.200 euro che corrispondono ad un reddito lordo di 21mila euro circa, debbano essere intesi come una franchigia o come un tetto insuperabile. Nel primo caso per un’assunzione di un lavoratore con un reddito di 50mila euro lo sgravio sarebbe solo per la quota che rientra nella franchigia, nel secondo caso l’azzeramento dei contributi scatterebbe solo entro i 21mila euro di reddito.
Un’altra novità è rappresentata dalla riduzione per il 2015 di 200 milioni del fondo per gli sgravi contributivi destinati ad incentivare la contrattazione di secondo livello, prevista dall’articolo 26. Il fondo che nel 2007 aveva una dote iniziale di 650 milioni, negli anni è stato ridotto (nel 2013 ammontava a 607 milioni), serve per finanziare lo sgravio entro il limite del 2,25% della retribuzione contrattuale annua di ciascun lavoratore. Eppure solo il 7 ottobre il premier Renzi aveva convocato le parti sociali a Palazzo Chigi lanciando la sfida proprio sul rafforzamento della contrattazione aziendale, considerata come uno strumento indispensabile per far ripartire il Paese. In quell’occasione, secondo quanto riferiscono i partecipanti all’incontro, Renzi aveva annunciato misure ad hoc nella legge di stabilità, volte a favorire la diffusione dei contratti decentrati. contratto a tempo indeterminato. Dunque tutto il costo del lavoro sostenuto per co.co.pro., collaboratori e per tutti i lavoratori assunti con contratti a tempo determinato potrà essere ridotto soltanto nella misura indicata dalla disciplina Irap, spesso in misura forfettaria così come avviene oggi. In sostanza lo sgravio messo a punto dall’Esecutivo consente alle imprese la deduzione integrale dall’Irap del costo complessivamente sostenuto solo per lavoro dipendente a tempo indeterminato che eccede l’ammontare delle deduzioni in vigore per ridurre il peso del lavoro dalla base imponibile del tributo regionale. Dunque, se dal 1? gennaio 2015 la somma delle deduzioni, sia quelle forfettarie che analitiche già riconosciute dall’articolo 11 del decreto Irap, risulterà inferiore al costo del lavoro, l’impresa avrà diritto a un’ulteriore deduzione fino alla concorrenza dell’intero importo sostenuto sotto la voce costo del lavoro.
Il Sole 24 Ore – 17 ottobre 2014