Assunzione a tempo determinato nell’ultimo biennio di specializzazione. È la proposta avanzata ieri dal ministro della Salute per far fronte alla carenza di medici e favorire la sinergia tra lavoro e didattica.
Ma mentre l’Anaao Assomed plaude perché porterà “benefici previdenziali, normativi e professionali”, Federspecializzandi si oppone: “Vogliono scaricare su di noi la carenza degli organici e caricarci di responsabilità senza una formazione adeguata ad affrontarle”.
Sembrava una buona notizia la proposta del ministro della Salute Ferruccio Fazio di contrattualizzare gli specializzandi negli ultimi due anni di formazione allo scopo di agevolare l’inserimento nel mondo del lavoro, di fronteggiare l’allarme per la carenza di medici e di realizzare una efficace e conveniente sinergia fra mondo del lavoro, università e ricerca. Ma a sollevare forti critiche e opposizione sono proprio gli specializzandi. Coloro, cioè, che apparentemente dovrebbero ricevere i maggiori benefici dal passaggio da un contratto atipico a quello a tempo determinato. Così dovrebbe essere almeno secondo l’Anaao Assomed, che in una nota diffusa oggi accoglie con favore la proposta di Fazio affermando che “contrattualizzare gli ultimi anni di formazione vuol dire anticipare l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro con benefici previdenziali, normativi e professionali”. “Giusta”, per l’Anaao, anche la ricerca di una governance comune tra ospedale ed università “a partire però da regole condivise che valorizzino il ruolo formativo dei medici e dirigenti sanitari del Ssn difendendone spazi e carriere”, sottolinea il sindacato. Che ora auspica che “alle parole seguano fatti capaci di rispondere alle attese della società nei confronti del sistema integrato didattica-ricerca-assistenza”.
Ma lo stesso auspicio non arriva da Federspecializzandi, che anzi si dice pronta a mettere in atto anche scioperi ed azioni di protesta nel caso in cui l’ipotesi dovesse prendere piede senza, peraltro, una consultazione della categoria. “Ci rifiutiamo di sopperire alle carenze del sistema esponendoci a rischi e responsabilità per i quali non siamo formati”, tuona Pierino Di Silverio, presidente di Federspecializzandi, specificando che gli specializzandi sono “medici in formazione e non sostitutivi dei medici di ruolo”.
Contattato da Quotidiano Sanità, Di Silverio chiarisce anzitutto la differenza tra il contratto attualmente in atto per gli specializzandi e quello ipotizzato dal ministro Fazio. “In questo momento – spiega – gli specializzandi hanno un contratto atipico, su cui non paghiamo le tasse perché inquadrato come una borsa di studio, e che non ci equipara in alcun modo ai medici strutturati, contrattualizzati con il Ccnl. Non c’è equiparazione né da un punto di vista economico, che assistenziale e previdenziale, né delle mansioni e neanche dal punto di vista dei diritti. Noi siamo medici in formazione, non medici di ruolo”.
Con la proposta di Fazio, in pratica, il contratto atipico verrebbe trasformato in un contratto “vero e proprio, equiparato a quello di un dirigente medico”. Cosa che, secondo Di Silverio, è inaccettabile perché “ci faremmo a tutti gli effetti carico di responsabilità che l’attuale iter formativo italiano non ci mette nelle condizioni di affrontare, perché le leggi vengono continuamente disattese e, nei fatti, non veniamo formati come dovremmo”. Per essere chiari, “un conto è svolgere attività medica all’interno di una rete formativa protetta dove la legge dice esplicitamente che la mia attività non è in alcun caso sostitutiva del personale di ruolo, altra cosa è chiamare uno specializzando per sopperire alle carenze della sanità utilizzando il denaro che gli avresti dato con il contratto atipico per un contratto che lo costringe a farsi carico di responsabilità che il medico specializzando non è in grado di gestiere”.
La formazione. Per il presidente di Federspecializzandi è proprio questa la priorità dei giovani medici italiani. “Lo chiediamo da anni. Occorre rivedere gli standard, anzitutto. Per quel che concerne l’ambito chirurgico, ad esempio, il riassetto delle scuole di specializzazione del 2007 prevede che uno specialista in chirurgia, per conseguire la specializzazione, debba aver effettuato da primo operatore almeno 50 interventi di grande chirurgia, almeno 100 interventi di media chirurgia, almeno 200 interventi di piccola chirurgia. Il fatto è che da nessuna parte si stabilisce cosa sia ‘grande chirurgia’, ‘media chirurgia’ e ‘piccola chirurgia’. Non solo. Questi – spiega Di Silverio – sono numeri sono eccessivi per il sistema universitario, considerato che anche la legge pone il limite del 30% all’attività che può essere destinata alla formazione. È evidente che così il sistema non può funzionare”.
In realtà, gli specializzandi non sono completamente contrari alla proposta di Fazio. Sono semplicemente consapevoli di non poterla gestire. “Solo con una preparazione adeguata – afferma in conclusione Di Silverio – la proposta di Fazio potrebbe rappresentare un passo avanti nell’inserimento del mondo del lavoro e nel sistema previdenziale”.
Quotidianosanita.it – 21 giugno 2011