In corso all’Aran, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni, “la prima ‘due giorni’ di trattative no stop con i sindacati per il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro della dirigenza medica e sanitaria 2019-21”. Ieri e oggi, 17 e 18 luglio, è in programma il confronto con le confederazioni Cosmed, Cida, Codirp, Cgil, Uil, Cisl e con le organizzazioni Anaao Assomed, Cimo, Aaroi Emac, Fassid, Fp Cgil, Fvm, Uil Fpl, Federazione Cisl medici, Fismed.
Era stato il presidente dell’Aran Antonio Naddeo, a inizio luglio, ad annunciare “quattro giornate intere di trattative per il 17, 18, 25 e 26 luglio. Un calendario serrato per risolvere tutti i nodi del contratto e tentare – ha auspicato – di arrivare alla firma prima della pausa estiva”. Un obiettivo, quello della chiusura “entro il mese di luglio”, che nei giorni scorsi il ministro della Pubblica amministrazione, Paolo Zangrillo, ha definito “plausibile”.
“Chiediamo un atto di coraggio per salvare la professione e il Servizio sanitario nazionale”. È l’appello rivolto dall’Anaao Assomed, sindacato medici dirigenti del Ssn, nel primo dei quattro giorni di trattative serrate per il rinnovo del Contratto di lavoro 2019-2021 dei medici, dirigenti sanitari e veterinari. “Questo contratto non risolverà tutti i problemi delle nostre professioni – afferma il segretario Anaao Pierino Di Silverio – ma può cambiare, seppur parzialmente, le condizioni di lavoro a patto di avere coraggio sui nodi che ancora oggi sembrano difficili da sciogliere”. L’Anaao, assicura il suo leader, “non firmerà contratti di lavoro che appariranno peggiorativi e incapaci di migliorare condizioni di lavoro divenute semplicemente non più sopportabili”.
“Inseriti nella pubblica amministrazione senza riguardo per la natura di un mestiere di cura chiamato a tutelare un diritto sancito dalla Costituzione, incatenati da incompatibilità sempre più antieconomiche e da una organizzazione del lavoro non al passo con i tempi e con le esigenze di cura della popolazione, i medici e i dirigenti sanitari – denuncia Di Silverio in una nota – lottano tra carenze di posti letto, carenze di tecnologie e di strutture, carenze di personale (con un tetto di spesa che grida vendetta e di cui nessuno si occupa). E, soprattutto, assenza di interlocutori. Il ministero della Salute mostra capacità di ascolto, ma nei fatti è commissariato dal Mef”, osserva il segretario Anaao. “Le Regioni, cui spetta l’organizzazione delle cure, sono tutte, senza eccezioni, alle prese con scarsità di risorse economiche e problemi di tenuta elettorale; i governi appaiono restii a investire per ottenere risultati che vedranno altri dopo di loro. Mentre ancora latita un percorso di presa in carico globale del paziente e il medico si vede sottoposto a quattro diversi tribunali – amministrativo ordinistico, civile, penale e, soprattutto mediatico – capace di trasformarlo da indagato a imputato e condannato senza che nemmeno si aprano le aule dei tribunali”.
Queste alcune delle richieste presentate dall’Anaao Assomed: “A differenza di quanto avviene oggi, non possono essere regalate alle aziende circa 300 ore annue da parte di ogni medico e dirigente sanitario; porre un limite non derogabile al numero di guardie e reperibilità che le aziende possono chiedere a loro personale; lavorare nella disciplina per la quale abbiamo studiato; gestire la nostra formazione in maniera più autonoma; rendere più fluide le carriere; porre un freno ai medici globetrotter chiamati a coprire turni di lavoro, con l’alibi dell’emergenza, anche a distanze superiori a 50 km dal presidio di assegnazione; restituire un po’ di quel tempo che ormai il lavoro ha totalmente rubato”.
“I professionisti che rischiano ogni giorno la propria salute e la propria vita per non decretare la chiusura del servizio sanitario pubblico e nazionale – prosegue Di Silverio – sono stanchi di essere capri espiatori di disservizi creati da politiche disastrose che oggi presentano il conto finale. E vorrebbero che venisse assicurato il diritto dei cittadini alle cure e il loro diritto a curare”.
“Senza interventi economici e normativi – è l’allarme lanciato dal sindacalista – non risolveremo la dilagante crisi vocazionale che porta 10 medici al giorno a lasciare il Ssn. Senza una riforma del modello di lavoro e di cura, continueremo a guardare sgretolarsi il Ssn”.