La pandemia non deve essere una «occasione sprecata», sia per quanto riguarda il rinnovo del contratto della dirigenza medica che per quanto riguarda le risorse del Recovery Fund. «Abbiamo bisogno di fatti e non di generiche declaratorie su inderogabili priorità. L’Italia ha meno posti letto della vicina Francia che però ha anche una popolazione molto più giovane. I nostri sanitari sono i più vecchi d’Europa: il 49% ha più di 57 anni, il 30% ha più di 62 anni ed entro 5 anni saranno tutti in pensione. È quindi facilmente prevedibile anche da chi non è un “manager” che il diritto alla cura nel nostro Paese sia in pericolo se abbiamo più soggetti fragili, più lungodegenze e meno sanitari».
Così Aldo Grasselli, Presidente della Federazione Veterinari, Medici e Dirigenti Sanitari, che continua: «I contratti di lavoro devono ripartire, sono scaduti da oltre due anni. Il capitale umano non è un’energia rinnovabile se non si fanno assunzioni e contratti. Occorre un contratto quadro – spiega –, rispettoso nella composizione di quanto è già passato al vaglio nella rilevazione delle deleghe e delle determinazioni della rappresentatività sindacale. Alcune contraddittorie ed improprie ingerenze legislative (comma 687 e ricollocazione della dirigenza Professionale Tecnica ed Amministrativa delle ASL/AO) vanno superate restituendo alla contrattazione le sue funzioni e mantenendo la specificità dei diversi status giuridici delle varie dirigenze».
Cosa serve: innovazione e premialità
La premialità del lavoro dei sanitari, spiega il Presidente FVM, è «ancora in ostaggio dell’art.23, comma 2, (Legge Madia) che ha tagliato le risorse della contrattazione decentrata privando l’intero sistema di preziosi incentivi, indispensabili per remunerare straordinari, flessibilità nonché per promuovere il merito e la produttività. Doveva essere un provvedimento temporaneo “nelle more dell’armonizzazione contrattuale”, almeno una parte di quelle risorse dovevano essere riallocate a tal fine. Si è trattato di un taglio e non di un accantonamento che ha impedito ogni innovazione e premialità. Una penalizzazione che dura da più di cinque anni e contro ogni logica manageriale sbandierata da ministri e assessori».
L’incremento della produttività secondo Grasselli è indispensabile, in quanto «la situazione nella sanità è drammatica con una mole enorme di lavoro che si è accumulato per l’ingorgo dei servizi dovuto al Covid che produrrà un’ulteriore riduzione dell’aspettativa di vita, fatto reale già documentato». Tale incremento andrebbe sostenuto con provvedimenti di «detassazione del salario accessorio legato alla produttività in analogia con quanto la legge prevede per il lavoro nel settore privato».
Ma quindi su cosa bisognerebbe lavorare? «Occorre – spiega Grasselli – ripristinare le dotazioni organiche, falcidiate in questi anni, riaprendo subito i concorsi banditi per far fronte alle esigenze indifferibili. Occorre fermare il ricorso a contratti atipici, al di fuori dell’ordinamento della dipendenza, che non consentono un’azione di tutela dei lavoratori e squalificano il lavoro contrattualizzato. Occorre rimuovere gli ostacoli formativi, concorsuali e previdenziali per dare il via ad una reale staffetta generazionale». Inoltre, le attività di smart working «dovranno essere descritte e formalizzate nella contrattazione per evitare nuove sacche di lavoro grigio e isolamento dei lavoratori».
Le risorse del Recovery Fund
«Il rilancio del Paese passa attraverso il rilancio degli Enti locali che saranno tra i principali protagonisti dell’impiego delle risorse del Recovery fund. Occorrono provvedimenti che superino la medicina difensiva, l’amministrazione difensiva e la politica difensiva che paralizzano l’intero sistema. Non ha più senso in questa Europa – spiega Grasselli –, con le condizionalità che ci chiede l’Ue per sostenerci col Recovery fund, inondare la Gazzetta Ufficiale di norme e controlli per dare al Paese un’immagine di legalità severa se poi nessuno può effettivamente assicurare i controlli dettati dalle leggi e se, in ultima analisi, tutti sanno che – se si applicasse davvero tutta la mole normativa – non si muoverebbe più alcuna iniziativa imprenditoriale o investimento nella nostra economia asfissiata».
Una prova di questo è la «mostruosa imposizione fiscale subita dai lavoratori dipendenti a fronte di una devastante e dilagante evasione che è rappresentata dal fatto che chi ha un reddito da lavoro (il 20% di chi dichiara) paga il 60% delle Irpef nazionale. Senza il contributo delle professionalità e delle competenze della dirigenza e delle rappresentanze sindacali delle lavoratrici e dei lavoratori – conclude Grasselli – non sarà possibile una riforma effettiva ed un efficientamento della pubblica amministrazione e e della sanità pubblica, conseguentemente, del nostro Paese».