dal Messaggero. La corsa ormai è contro il tempo. L’intenzione sarebbe quella di riuscire a chiudere tutti i contratti del pubblico impiego prima delle prossime elezioni. Per adesso l’unico che ha la certezza di andare in porto in tempo è quello delle funzioni centrali, che comprende i ministeri, le agenzie fiscali e il parastato. In tutto 270 mila persone, circa il 10% di tutti i dipendenti pubblici. I ministeriali, con molta probabilità, avranno gli arretrati in busta paga già a febbraio e gli aumenti a partire dai cedolini di marzo.
Per gli altri l’incertezza regna ancora sovrana. Quello che si prospetta, insomma, è un aumento a due velocità. Subito per alcuni, nei prossimi mesi per gli altri. Ma a che punto sono i tavoli di trattativa degli altri comparti? Quello dell’istruzione, che comprende scuola, università e personale afam, arranca. Riguarda oltre un milione di dipendenti. I sindacati hanno chiesto che le risorse per il rinnovo siano aumentate, contrattualizzando anche i fondi della «Buona scuola», quelli della card dei professori e quelli per i premi di merito. Per farlo serve una integrazione dell’atto di indirizzo per l’Aran, l’agenzia che per il governo siede al tavolo della trattativa. L’aggiornamento sarebbe arrivato ieri al presidente Sergio Gasparrini. Il nuovo mandato prevede, in sostanza, la possibilità di contrattare solo su una delle voci della Buona scuola, il premio lasciato alla discrezionalità dei presidi. Che comunque, nel complesso, vale 200 milioni. Resterebbe invece fuori dalla trattativa la card dei professori. Su questo, ora, bisognerà capire la reazione dei sindacati.
CACCIA AI FONDI
Per il rinnovo del contratto della Sanità, altre 630 mila persone, si sta ancora cercando di sciogliere il nodo delle risorse. Gli aumenti devono essere spesati a valere sul Fondo sanitario nazionale. Per garantire gli 85 euro lordi mensili a tutti i dipendenti della Sanità, servono 1,4-1,5 miliardi di euro. «Le risorse stanziate a questo scopo con il fondo sanitario sono circa la metà», spiega Massimo Garavaglia, assessore al bilancio della Lombardia e presidente del comitato di settore per le Regioni. Insomma, prelevare gli altri 700 milioni necessari a chiudere il contratto dal Fondo sanitario, rischia di ridurre i livelli essenziali di assistenza. Come se ne esce? «Stiamo valutando alcune soluzioni», aggiunge Garavaglia. «Di certo», prosegue, «non possiamo permettere che i dipendenti del comparto che vengono da dieci anni di blocco e hanno comunque garantito i servizi con grande dedizione, rimangano esclusi dagli aumenti». La buona volontà, dunque, c’è. Resta da capire se i nodi potranno essere sciolti in tempo.
IL TASSELLO MANCANTE
C’è poi da trovare un’intesa anche con gli enti locali e le Regioni per i loro dipendenti diretti. Si tratta di oltre 600 mila persone. «Noi», dice Antonio Decaro, presidente dell’Anci, «siamo pronti a chiudere, i Comuni sosterranno lo sforzo degli aumenti con i loro bilanci. Certo», aggiunge, «ci avrebbe fatto piacere sedere al tavolo della trattativa insieme al governo, visto che i dipendenti sono i nostri e anche i soldi». Per enti locali e Regioni il costo del rinnovo è di circa 650 milioni, 400 dei quali a carico dei soli Comuni. Anche in questo caso l’intenzione sarebbe quella di chiudere il più presto possibile, anche prima del voto.
Ma per adesso manca l’integrazione dell’atto di indirizzo necessaria all’Aran per andare nel merito della trattativa. Sulla quale, del resto, qualche nodo da sciogliere resta. I dipendenti di enti locali e Regioni hanno stipendi in media più bassi. Dunque, come per i ministeriali, per raggiungere un aumento medio di 85 euro lordi, sarà necessario integrare lo scatto con un bonus, un elemento perequativo che nel contratto delle funzioni centrali è stato stabilito in un ammontare compreso tra 21 e 25 euro.
La domanda per adesso, comunque, resta soltanto una. I contratti dei tre comparti che ancora mancano riusciranno ad essere chiusi prima della tornata elettorale del 4 marzo? Il governo ci spera. Su alcuni tavoli si vedono delle schiarite. Su altri meno. Nel complesso l’obiettivo al momento non appare semplicissimo. Intanto oggi a Roma, alla biblioteca angelica, si riuniranno gli Stati generali della Pa. I più alti e decisivi esponenti della dirigenza pubblica si confronteranno in due tavoli di lavoro dedicati al funzionamento della PA e dei servizi di welfare, per poi avanzare proposte tecniche da offrire trasversalmente ai candidati alle elezioni per far fare all’Italia un salto di qualità.
Il Messaggero – 25 gennaio 2018