Che fine ha fatto il contratto nazionale (CCNL) dei medici? A fine luglio era stata data con grande rilievo la notizia della stipula dopo tanti anni di blocco e tutti avevano manifestato soddisfazione. Dunque, come tutti i diretti interessati, sanno bene il 24 luglio scorso è stato firmato il nuovo contratto collettivo della dirigenza sanitaria. O meglio, è stata siglata l’Ipotesi di contratto, cioè la cosiddetta “Preintesa”.
Perché il CCNL entri in vigore ufficialmente è necessario attendere la conclusione di un lungo e complesso percorso che non concerne soltanto l’autorizzazione formale del Comitato di settore e il referto di compatibilità dei costi rilasciato dalla Corte dei Conti. Infatti, la Ragioneria Generale dello Stato ha elaborato unilateralmente una tesi – non completamente condivisibile – che considera ancora obbligatorio un ulteriore parere del Consiglio dei ministri e può inviare al Governo una serie di valutazioni che si sostanziano in chiarimenti e, eventualmente, in richieste di modifiche al testo; e lo scorso anno per il comparto si è premurata di specificare che “in assenza dei quali non sussistono le condizioni per attestare la compatibilità economico finanziaria” del contratto. E’ pur vero che il parere del Consiglio dei ministri non è – o non dovrebbe essere – vincolante ma, considerato che l’Agenzia è sottoposta alla vigilanza del Governo per il tramite del Dipartimento della Funzione pubblica, non è difficile presumere che la questione sia piuttosto delicata.
Questa fase di integrazione dell’efficacia o di controllo – che, in ogni caso, è di esclusiva matrice pubblicistica – è sempre stata valutata con distacco dalla sigle sindacali firmatarie per le quali il “contratto” è sempre stato quello della preintesa e in più venti anni non è mai accaduto che le clausole contrattuali contenute nell’ipotesi di contratto fossero modificate – anche per particolari minimi e non essenziali – nel CCNL finale.
Sicuramente non ha giovato alla speditezza delle procedure una serie di variabili esterne del tutto contingenti: il mese di agosto, la crisi del Governo, il cambio del vertice dell’ARAN. Ma, a prescindere da questi eventi, il percorso prescritto dalla legge, si diceva, non è affatto semplice o scontato, basti pensare che per il CCNL del comparto dello scorso anno sono passati ben 2 mesi e 26 giorni mentre per quello dell’Area dei Dirigenti scolastici di quest’anno addirittura 6 mesi e 2 giorni. Per cui è comprensibile l’attesa dopo tanti anni e una certa insofferenza a regole per molti sconosciute, ma qui si tratta del rispetto della legge e con l’affermazione che “occorre sollecitare la rapida conclusione dell’iter burocratico per pervenire alla firma definitiva del contratto” non si deve sottovalutare l’importanza di quello che non è un iter burocratico ma la garanzia che il contratto sarà esigibile in modo completo e condiviso.
Non si deve infatti tralasciare la circostanza che nell’applicazione quotidiana del contratto saranno sempre presenti due “convitati di pietra”: le sezioni regionali della Corte dei Conti e i Collegi sindacali delle aziende dove siede un componente in rappresentanza del MEF. E’ di tutta evidenza che è interesse di tutti – aziende e dirigenti – non fornire alla Corte e ai revisori alcuna motivazione di aggressione al CCNL essendo intervenuta a monte la condivisione dei contenuti e la garanzia della tenuta del costo del lavoro. Penso che per la definizione del contratto nessuna frase sia più opportuna di quella che ha detto Renzo Piano sulla vicenda del crollo del ponte: “bisogna fare presto, ma senza farsi prendere dalla fretta”.
Riguardo alla famigerata “burocrazia”, ricordo personalmente che anni fa, in un corso di formazione manageriale per Direttori di struttura complessa medici, il prof. Domenico Bodega chiese a tutti i presenti di indicare la maggiore sofferenza nei confronti dell’azienda e unanimemente fu risposto che era la burocrazia insopportabile. E’ logico che la concezione di questo abusato termine varia molto a seconda se si è “garanti” o “vittime” della burocrazia e la cultura e la professione di ciascuno è una sicura variabile della concezione. E’ altrettanto chiaro che esiste una diffusa fenomenologia patologica dei vincoli burocratici ma la accezione iniziale e ufficiale della burocrazia è imprescindibile in una comunità organizzata perché si sostanzia, in parole povere, nel rispetto delle regole a garanzia e beneficio di tutta la collettività. Non è necessario ricorrere alle teorie di Max Weber per segnalare che il rispetto delle regole è il fulcro del concetto stesso di legalità che, citando Vàclav Havel, è il “potere di chi non ha potere”.
Gli aspetti patologici si combattono, se dipendono da comportamenti errati e si migliorano, semplificandoli, se dipendono dalla normativa. Bodega, in tal senso, ricorreva ad un esempio molto efficace: se la Ferrari in un gran premio effettua il pit stop completo in pochi secondi, di cosa altro si tratta se non del rispetto delle regole burocratiche di scuderia che consentono, ovviamente insieme ad altri fattori, di vincere ? E tutti ricordano il disastro agonistico quando un pompone sfuggi al controllo durante un rifornimento, cioè quando qualcuno non si era attenuto alle regole.
Stefano Simonetti – Il Sole 24 Ore sanità
I passaggi necessari per formalizzare il contratto
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