Tra gli obiettivi del governo anche quello di rendere più appetibile il ricorso al contratto a tempo indeterminato. L’azzeramento dell’Irap sui contratti a tempo indeterminato vale circa 5 miliardi. Lo sconto per le imprese può valere fino a 750 milioni, invece, se è destinato alla sola platea di lavoratori con contratti a tempo determinato che vengono stabilizzati.
Su queste cifre ragionano i tecnici del governo, che – come anticipato ieri dal Sole 24 ore – stanno verificando l’ipotesi di introdurre una misura selettiva per rendere meno onerose per le imprese le assunzioni con i contratti a tempo indeterminato, dovendo tuttavia fare i conti con la limitatezza di risorse disponibili. Come è noto la tassa regionale sulle attività produttive si applica anche sul costo del lavoro che non può essere detratto dalle imprese dalla base imponibile, con l’effetto che vengono penalizzate le aziende con più dipendenti. In alternativa all’intervento selettivo sull’Irap, resta valida anche un’altra ipotesi che in questi giorni è oggetto di verifica: quella di un intervento di riduzione dei contributi che gravano sulle imprese, per abbattere il carico fiscale sul lavoro a beneficio delle imprese.
Accanto alle nuove misure che sono allo studio, il governo intende confermare gli interventi generalizzati già in corso, ovvero il taglio del 10% dell’Irap per le imprese (vale 2,3 miliardi, finanziato con l’aumento al 26% dell’aliquota sulle rendite finanziarie), così come il bonus di 80 euro per i 10 milioni di lavoratori dipendenti con redditi tra 8mila e 26mila euro che il premier Matteo Renzi vuole rendere strutturale (10 miliardi). Sulle nuove misure il responsabile economico del Pd, Filippo Taddei, invita alla prudenza: «Siamo in una fase di ricognizione – afferma – il governo sta esaminando diverse ipotesi per capire quali sono i margini di azione. A seconda delle coperture disponibili si potranno modellare gli interventi di riduzione del gap sul costo del lavoro rispetto agli altri Paesi europei».
Ma torniamo all’ipotesi di un intervento selettivo sull’Irap. Nel 2011 (ultimo anno disponibile per il ministero delle Finanze) dalle imprese private il gettito Irap, al netto delle deduzioni, è stato pari a 23,6 miliardi, aggiungendo ulteriori 10 miliardi circa del settore pubblico, il gettito complessivo è di circa 34 miliardi annui. «Attualmente sono state concesse deduzioni complessive per 138 miliardi annui – spiega il presidente della Fondazione studi consulenti del lavoro, Rosario De Luca – di cui, le deduzioni forfettarie ammontano a 42 miliardi e le deduzioni contributive e Inail per 75 miliardi. Il settore che maggiormente fruisce è il manufatturiero a seguire il commercio e l’edilizia». La regione con un maggior gettito è la Lombardia con 6,8 miliardi, le risorse come è noto sono incassate dalle regioni per finanziarte la spesa sanitaria regionale.
La componente Irap sul costo del lavoro è di circa 10 miliardi, ma togliendo la quota Irap deducibile dalle imposte dirette, è di 6-7 miliardi il costo effettivo per le imprese. Se il governo decidesse di rendere deducibile dalla base imponibile Irap la componente costo del lavoro per tutti i lavoratori assunti con contratti a tempo indeterminato si avrebbe un “risparmio” per le imprese di poco più di 5 miliardi. In termini di mancato gettito la cifra sarebbe inferiore a 5 miliardi, considerando che una parte dell’Irap è deducibile dall’Ires e se gli imprenditori non pagheranno più l’Irap sulla componente costo del lavoro non avranno più la deduzione ai fini dell’imposta sul reddito delle società. Mentre se l’intervento fosse limitato alla platea potenziale di 1,2 milioni di assunti con contratto a tempo determinato lo “sconto” alle imprese per la trasformazione in contratti a tempo indeterminato potrebbe valere fino a 750 milioni (nell’ipotesi che tutti vengano stabilizzati). Secondo un’indagine promossa da Confindustria tra le aziende associate, il 33,5% dei contratti a termine è convertito in contratti a tempo indeterminato. «Attraverso la leva fiscale la stabilizzazione verrebbe resa più conveniente e questa percentuale potrebbe salire – aggiunge il coordinatore scientifico della Fondazione consulenti lavoro, Enzo De Fusco –. Verrebbe meno l’attuale situazione paradossale secondo cui se un imprenditore acquista una merce la deduce, mentre se assume un dipendente paga più Irap».
Ma l’iniziativa del governo non si ferma qui. Anche le parti sociali sono chiamate a fare la propria parte nella regolazione dei contratti per legare le retribuzioni alla produttività, spostando il baricentro sempre più sulla contrattazione aziendale. È questa una delle prossime sfide per Confindustria e sindacati. (Il Sole 24 Ore)
12 settembre 2014