Gli 85 euro messi dal governo sul piatto dei rinnovi contrattuali rappresentano «un incremento medio», e non minimo come chiedono i sindacati. A ribadire la linea del governo è intervenuto ieri il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan nel corso di un’intervista a Sky Tg24: «È chiaro – ha aggiunto – che bisogna mettere a punto i dettagli per verificare che non ci siano sperequazioni. Ci stiamo lavorando».
Le parole di Padoan tornano a scaldare il clima con i sindacati, con la leader della Cgil Susanna Camusso secondo cui «il governo sa benissimo che ci vuole un aumento non inferiore agli 85 euro» e la Uil che con il segretario confederale Antonio Foccillo chiede di evitare «interventi a gamba tesa».
Il lavoro tecnico andrà avanti fino a mercoledì prossimo alle 11, data della nuova convocazione in Sala D’Antona a Palazzo Vidoni spedita ieri dalla Funzione pubblica ai sindacati confederali.
Quello delle risorse è ovviamente lo snodo fondamentale di un confronto che il governo punta a chiudere prima del referendum con un accordo politico, sul modello di quanto accaduto con le pensioni alla vigilia della legge di bilancio. Solo dopo partiranno le trattative vere e proprie, con gli atti di indirizzo che nelle intenzioni della Funzione pubblica dovrebbero offrire una doppia indicazione: privilegiare negli aumenti le fasce più basse di reddito, e ridare voce alla contrattazione su regole chiave come la distribuzione dei premi di produttività.
Per questa ragione, l’accordo dovrebbe poggiare su due pilastri: l’impegno politico del governo a trovare fondi aggiuntivi per il 2018 (quelli a disposizione nel 2017 prospettano un aumento medio intorno ai 40 euro) e a intervenire sulle regole con il testo unico del pubblico impiego.
Anche su questo secondo aspetto, però, la partita è ancora aperta, e non solo per la sentenza della Corte costituzionale che impone di correggere le procedure della delega Madia anche in vista del decreto sui lavoratori pubblici. Saranno questi nodi, insieme alla volontà di chiudere davvero prima del voto di domenica, a decidere l’esito del confronto.
Il Sole 24 Ore – 26 novembre 2016