Sale ad ottobre, su base annua, la forbice tra l’aumento delle retribuzioni contrattuali orarie (+1,7%)e il livello d’inflazione(+3,4%), toccando una differenza pari a 1,7 punti percentuali. Il precedente record era a 1,3 punti percentuali. Si tratta del divario più alto almeno dal 1997, anno di inizio dei rilevamenti. È quanto risulta dal confronto dei dati Istat. Se si confronta poi il dato con le retribuzioni nel Ssn, al palo per il blocco dei contratti fino al 2014, emerge una perdita secca di potere d’acquisto pari al tasso di inflazione. Nella media del periodo gennaio-ottobre 2011 l’indice è cresciuto dell’1,8% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Guardando ai principali macro-settori, a ottobre le retribuzioni orarie contrattuali registrano un incremento tendenziale dell’1,9% per i dipendenti del settore privato e dello 0,6% per quelli della pubblica amministrazione, che subisce l’effetto del blocco contrattuale. I comparti che hanno presentano gli aumenti annui maggiori sono: militari-difesa (+3,7%), forze dell’ordine (+3,5%), gomma, plastica e lavorazioni minerali non metalliferi e attività dei vigili del fuoco (per entrambi +3,1%). Si registrano, invece, variazioni nulle per ministeri, scuola, regioni e autonomie locali e servizio sanitario nazionale. Inoltre, fa sapere sempre l’Istat nel mese di ottobre, nessun accordo in attesa di rinnovo, tra quelli monitorati dall’indagine, è stato siglato. (corriere.it – 29 novembre)
Gli ultimi dati Istat sugli incrementi nelle retribuzioni in Italia, raffrontati con i dati sull’inflazione dell’utlimo anno, mostrano, in particolare per i lavoratori del Ssn, un gap negativo pari al 3,4% in termini di potere d’acquisto negli ultimi dodici mesi.
Il dato è conseguenza di un incremento “zero” degli stipendi a fronte di un’inflazione galoppante che è arrivata appunto al 3,4% (nel periodo compreso tra ottobre 2010 e ottobre 2011) solo in quest’ultimo anno.
Per una disamina più estesa del rapporto tra stipendi e costo della vita, abbiamo analizzato il trend degli ultimi sei anni. In questo caso si rileva un icremento degli stipendi dal 2005 ad oggi del 16% complessivo. L’inflazione, nello stesso periodo, ha fatto invece registrare un trend medio del +2% annuo (+12% in sei anni).
I dati sulle retribuzioni illustrati dall’Istat evidenziano quindi che in un solo anno il “vantaggio” degli stipendi sull’inflazione è stato di fatto prosciugato e, considerando il blocco dei trattamenti economici in vigore fino a tutto il 2014 e le previsioni di ulteriori incrementi inflattivi, è facile dedurre che la perdita di potere d’acquisto per i dipendenti del Ssn non potrà che aumentare progressivamente.
Le cause dell’aumento sono in gran parte dovite ai rialzi delle quotazioni internazionali degli energetici e delle materie prime industriali ed alimentari. Nei primi nove mesi dell’anno, i valori medi dei beni energetici importati sono aumentati mediamente del 26,2%, mentre la crescita tendenziale rilevata a settembre è pari al 26,9%. Negli ultimi mesi anche i prezzi dei prodotti industriali venduti dalle imprese residenti in Italia sul mercato nazionale hanno mostrato tendenze accelerative: a settembre 2011 l’indice generale dei prezzi alla produzione sul mercato nazionale è aumentato su base tendenziale del 4,7%. In questo quadro, il mese di ottobre è stato caratterizzato dall’accelerazione della crescita dei prezzi al consumo per quasi tutte le tipologie di beni e servizi: l’indice generale è aumentato dello 0,6% rispetto a settembre, con incrementi rilevanti per il comparto dei beni (+0,9%), in particolare quelli energetici (+1,8%).
Sugli aumenti ha influito l’ultima manovra finanziaria e, in particolare l’aumento dell’aliquota dell’Iva ordinaria dal 20% al 21%. Il peso dei prodotti su cui grava l’Iva ordinaria, e dunque interessati da tale provvedimento, è pari al 47,8% del paniere dell’indice dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), con forti differenziazioni per divisione di spesa.
quotidiano0sanita.it – 29 novembre 2011