di Alessandra Ricciardi. Contratti bloccati per gli statali fino al 2020. La nuova stangata è contenuta tra le previsioni del Def che mette nel conta una risalita della spesa per le retribuzioni dei circa 3 milioni di dipendenti pubblici solo a partire dal 2018 e per uno 0,3% annuo. Si tratta, e su questo il documento entrato ieri al consiglio dei ministri è chiarissimo, del valore dell’indennità di vacanza contrattuale che si conta debba scattare per l’intero triennio 2018-2020. L’indennità è prevista dalla legge quando non si rinnovano i salari neanche per adeguarli all’inflazione. “Nel quadro a legislazione vigente, la spesa per redditi da lavoro dipendente delle amministrazioni pubbliche è stimata diminuire dello 0,7% circa per il 2014, per poi stabilizzarsi nel triennio successivo e crescere dello 0,3% nel 2018”, si legge nel documento, “per effetto dell’attribuzione dell’indennità di vacanza contrattuale riferita al triennio contrattuale 2018-2020”.
Insomma, se la formulazione sarà confermata, gli stipendi dei travet resteranno ancora per un bel po’ bloccati: alla fine, se non ci saranno modifiche nei prossimi anni, il settore pubblico non avrà avuto aumenti per un intero decennio. Il blocco dei contratti pubblici è un’arma a cui l’ex ministro dell’economia Giulio Tremonti ha fatto ricorso nel 2009 per ridurre in modo certo la spesa pubblica: ogni punto percentuale di aumento della massa salariale infatti vale all’incirca un miliardo di euro annuo.
Tenere fermi i salari è uno strumento di facile attivazione, visto che il datore di lavoro è lo stesso stato, e di certo risultato, giacché i fattori azionabili sono noti. E’ il motivo per cui nessun governo ha saputo rinunciarvi, da quando la crisi si è fatta incalzante e lo sguardo della commissione europea severo. E’ stato l’esecutivo di Mario Monti a prevedere la proroga del blocco del contratto fino al 2014. In sede di trattativa con i sindacati si è poi passati a concedere uno spiraglio per il rinnovo solo normativo per il successivo triennio.
Ora la conferma che non è al momento possibile mettere in cassa fondi per pagare gli aumenti agli statali addirittura per i prossimi due trienni. Risulta così profetica la dichiarazione rilasciata qualche giorno fa, in sede di audizione in parlamento sulle linee programmatiche del suo dicastero, dal ministero della pubblica i amministrazione e della semplificazione, Marianna Madia: “Gli 80 euro in più al mese dí detrazioni salariali valgono come un contratto rinnovato”.
Un’affermazione che aveva messo in allarme i sindacati, con Cgil, Cisl e Uil che all’unisono avevano detto: “Così non si va avanti, i contratti vanno rinnovati”. Spiega il concetto Antonio Foccillo, segretario confederale Uil e profondo conoscitore delle dinamiche del pubblico impiego: “Se il documento finale del Def dovesse contenere questa previsione per tutti i sindacati sarebbe inaccettabile, significherebbe sommare il blocco dei salari individuali, di tutti i contratti nazionali e di secondo livello fino almeno 2018. Un risultato boomerang, si penalizzerebbe proprio quella classe di redditi medio-bassi che il governo dice di voler aiutare”.?
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ItaliaOggi – 9 aprile 2014