Il Sole 24 Ore, Claudio Tucci. Il governo Meloni smonta il decreto Dignità, sostituendo integralmente le rigide causali legali introdotte nel 2018 per i contratti a termine con tre causali “più accessibili”. La novità è contenuta nella bozza di decreto Lavoro atteso nei prossimi giorni sul tavolo del consiglio dei ministri. Non cambiano le durate: fino a 12 mesi i datori possono continuare a stipulare contratti a tempo determinato “liberi”, cioè senza indicare le ragioni giustificatrici del ricorso al rapporto temporaneo. Per salire da 12 a 24 mesi si devono invece indicare le causali. Che con la bozza di decreto Lavoro diventano tre, con un ampio rinvio alla contrattazione collettiva come chiesto sostanzialmente da tutte le parti sociali. D’ora in avanti pertanto si possono firmare contratti a termine da 12 fino a 24 mesi per tre motivi: specifiche esigenze previste dai contratti collettivi (articolo 51 del Dlgs 81 del 2015); per specifiche esigenze di natura tecnica, organizzativa e produttiva individuate dalle parti in assenza di previsioni contrattuali, previa certificazione delle stesse presso una commissione di certificazione; oppure per “esigenze di sostituzione di altri lavoratori”.
L’intervento sui contratti a termine arriva dopo che a ottobre era tornato, in parte, in vigore il decreto Dignità, dopo la fine delle deroghe temporanee; e dopo un forte rallentamento delle assunzioni a termine: a febbraio, ha ricordato l’ultimo dato Istat, i lavoratori con contratti temporanei erano scesi sotto i tre milioni, 2.972.000 per la precisione, con una calo di 143mila rapporti rispetto a febbraio 2022. I contratti a termine, giova ricordarlo, hanno spinto la ripresa occupazionale nel 2021.
«Le nuove norme sui contratti a termine sono un significativo passo avanti rispetto alle attuali rigidità – ha sottolineato il professor Arturo Maresca (diritto del Lavoro, università di Roma la Sapienza) -. Le causali del decreto Dignità erano impossibili da applicare, eravamo di fronte a norme finte. Le nuove causali previste dalla bozza di decreto Lavoro sono certamente più accessibili. Certo, ora il Legislatore deve prevedere una fase transitoria per non spiazzare le imprese. Il riferimento poi alle “specifiche esigenze previste dai contratti collettivi” lascia qualche dubbio, specie quando il criterio della specificità va rapportato ai contratti collettivi nazionali».
La bozza di decreto Lavoro introduce anche una prima semplificazione delle norme del decreto Trasparenza in vigore dallo scorso agosto. In particolare, per tutta una serie di informazioni, la durata del periodo di prova, il congedo per ferie, l’importo iniziale della retribuzione, la programmazione dell’orario normale di lavoro, solo per fare qualche esempio, il datore di lavoro assolve all’obbligo informativo con l’indicazione del riferimento normativo o della contrattazione, anche aziendale, che disciplina queste materie. Insomma, non si dovranno più consegnare quintali di documenti. Inoltre, sempre per sgravare i datori da eccessivi adempimenti burocratici, si stabilisce che l’azienda è tenuta a consegnare o a mettere a disposizione del personale, anche pubblicando sui siti web, contratti collettivi e regolamenti aziendali applicabili al rapporto di lavoro.