Dal ministero assicurano che non si arriverà alla cancellazione di tutte le causali, come era stato ventilato nelle passate settimane, ma il nuovo governo ha intenzione di rimettere comunque decisamente mano alle norme sui contratti a termine. Mentre Cgil e Uil denunciano il rischio di liberalizzazione dei contratti a tempo ed i 5 Stelle si inalberano parlando di «scelta ideologica del governo di destra», il ministro del Lavoro Elvira Calderone usa toni soft, fornisce motivazioni tecniche, parla della necessità di semplificare le procedure ed aggiornare il tutto in base alle esigenze attuali del mercato del lavoro spiegando che «rendere cose più semplici non significa renderle più banali ma più efficaci». Ma è un dato di fatto che in questo modo si punta a smontare il decreto dignità, uno dei provvedimenti bandiera dei 5 Stelle varato ai tempi del primo governo Conte, che consentiva di stipulare contratti di durata superiore ai 12 mesi con la massimo 4 proroghe solo a fronte di esigenze temporanee e oggettive estranee all’attività ordinaria, sostituzione di lavoratori e incrementi temporanei e significativi dell’attività. Una serie di paletti che la rendevano certamente poco utilizzabile, tant’è che già sotto Covid i vincoli erano saltati.
«Credo si debba tornare sul tema delle causali, perché una cosa sono le causali che nascono dall’esperienza della contrattazione collettiva, che per me sono buone, e una cosa quelle che in sé che portano ad una tipizzazione di condizioni che poi sono di difficile applicazione e foriere di possibile contenzioso» ha spiegato ieri Calderone intervenendo al Forum dei commercialisti. A suo parere, infatti, il contratto a termine «non è di per sé una forma di precarizzazione laddove c’è la possibilità di usarlo in modo sapiente. Non colpevolizzerei la flessibilità leggendola solo in chiave negativa». Il problema, ha poi aggiunto, è che «si parte da un assunto sbagliato, ovvero considerare la flessibilità come precarietà. In realtà esiste una flessibilità che come tale è necessaria, poi esiste quella in cui alcune norme flessibili vengono male utilizzate contro cui vanno previsti più controlli e sanzioni».
Il decreto semplificazioni, atteso sul tavolo del consiglio dei ministri a fine mese, in sostanza fisserà una serie di clausole standard (ancora in via di definizione da parte dei tecnici), confermando la durata massima di 36 mesi dei contratti a termine indicata dalla Ue, ma poi rinvierà le scelte concrete alla contrattazione collettiva ed agli accordi che sindacati ed imprese.
«Parlare di semplificazioni in generale – ha argomentato Calderone – non vuol dire destrutturare il sistema». Ed in questo quadro la ministra ha poi spiegato di voler intervenire anche sul decreto trasparenza, entrato a vigore ad agosto, che ha cambiato le modalità con cui si forniscono informazioni ai lavoratori in fase di assunzione producendo comunicazioni «di una lunghezza inaudita: 31 pagine per dire ai lavoratori quello che è già contenuto nei contratti collettivi». Per questo, col nuovo decreto il ministero punta alla digitalizzazione totale raccogliendo in un unico portale «un repertorio chiaro, accessibile per lavoratori e datori di lavoro, di modelli di documenti».
L’annuncio del ministro del Lavoro ieri ha subito fatto scattare la protesta dei 5 Stelle che accusano «la Destra» di voler «smontare pezzo per pezzo i diritti del lavoratori solo per questioni ideologiche». «Calderone si informi, flessibilità è precarietà» hanno dichiarano i capigruppo nelle Commissioni lavoro di Camera e Senato, Davide Aiello e Orfeo Mazzella. Ed ovviamente protestano i sindacati. «Tornare alla liberalizzazione dei contratti a termine sarebbe profondamente sbagliato. A fronte di un abuso di questa modalità di impiego, certificato dai dati sull’occupazione di questi ultimi anni, la preoccupazione dovrebbe essere quella di ridurre e non aumentare le forme flessibili» sostiene la segretaria confederale della Cgil, Tania Scacchetti. Per Ivana Veronese della Uil «l’uso indiscriminato di questi contratti non è flessibilità. Serve una riflessione profonda e per questo ci attendiamo che il ministro ci convochi al più presto». Più cauta la Cisl che con Giulio Romani condivide in sostanza il ragionamento di Calderone chiedendo però di «non alterare l’equilibrio che si è raggiunto dopo che il governo Draghi ha già rinviato agli accordi sindacali il superamento dei 12 mesi di contratto a termine. Semmai – conclude – contro la precarietà ora occorre forzare centri per l’impiego e formazione». —
La Stampa