Nasce la rete Opson, il Corpo forestale dello Stato e il Segretariato Generale dell’Interpol insieme nella lotta alla falsificazione dei prodotti alimentari di qualità. Il valore e la qualità del cibo, la salute umana, la difesa dell’ambiente e del territorio contro l’abbandono e il degrado.
La parola sicurezza alimentare è, oggi, un tema di grande attualità ed investe una molteplicità di aspetti legati alla questione alimentare, ambientale ed energetica, tematiche sulle quali è concentrata l’attenzione dell’Europa e non solo.
La lotta alla contraffazione nel settore agroalimentare è quindi ormai di interesse internazionale, per questo, negli ultimi tre anni il Corpo forestale dello Stato ha promosso la costituzione in ambito Interpol di una vera e propria rete denominata “Opson”, che ad oggi è costituita da 29 Paesi ed ha lo scopo di creare una sinergia operativa mirata alla prevenzione e repressione di questo tipo di reati.
Alla conferenza di apertura del Meeting, tenutasi ieri a Roma presso la Scuola Superiore dell’Amministrazione dell’Interno, ha partecipato il Capo del Corpo forestale dello Stato, Cesare Patrone, che ha dato lettura di un messaggio del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Nunzia De Girolamo.
Nel Dicembre 2011 il Corpo forestale dello Stato in collaborazione con le due agenzie Interpol ed Europol, promosse la prima settimana di controlli agroalimentari a livello internazionale che coinvolse 11 Paesi, tra cui Francia e Spagna. Fu questa la prima iniziativa transnazionale di contrasto alla falsificazione dei prodotti alimentari, chiamata “Operazione Opson” – da “ópson” cibo in greco antico – che ha consentito al Nucleo Agroalimentare e Forestale (NAF) del Corpo forestale dello Stato, in collaborazione con Oclaesp, l’omologo servizio che lotta contro la contraffazione alimentare della Gendarmerie Nationale francese, di svelare una frode internazionale ai danni del Consorzio di tutela dell’olio extravergine di oliva Igp Toscano. Le indagini portarono alla scoperta di 13.000 bottiglie di olio di oliva, 30 tonnellate di pomodoro, circa 77.000 chilogrammi di formaggi e oltre 12.000 bottiglie di vino contraffatte, per un valore di 300 mila euro.
Nel 2012, sulla scia del successo dei primi accertamenti con l’Operazione Opson II sono state arrestate 100 persone in ambito internazionale, effettuati 930 controlli, sequestrati circa 30.000 pezzi di prodotti agroalimentari contraffatti. Sono state elevate oltre 400 sanzioni amministrative e comunicati all’Autorità Giudiziaria circa 430 reati. Tra le attività più significative si segnala il sequestro di circa 31.000 litri di Pinot Grigio IGT Veneto e Chardonnay IGT Veneto e il sequestro di 24 bottiglie di vino spacciate per champagne. Gli imballaggi delle bevande e dei prodotti alimentari che vengono contraffatte sono così simili agli originali che molto spesso il consumatore non si rende neanche conto di acquistare un prodotto illecito. Alle organizzazioni criminali è quindi sufficiente cambiare l’etichetta del prodotto alimentare per ottenere enormi guadagni.
La necessità di agire in una piena sinergia internazionale è confermata anche dalle recenti operazioni in ambito agroalimentare, come ad esempio il sequestro, effettuato qualche giorno fa dal Corpo forestale dello Stato e dall’Agenzia delle Dogane a Livorno, di ben 15 tonnellate di olio tunisino rivendute come olio italiano e pronte a partire per il Canada con etichetta Made in Italy. Il carico era importato da un’azienda toscana che, dopo avervi apposto un’etichetta recante la dicitura “importato dall’Italia”, nonché evidenti riferimenti all’eccellenza italiana e al paesaggio tipico toscano, lo destinava al commercio in nord America.
In piena globalizzazione, con la disponibilità delle materie prime agricole a basso costo, anche se di dubbia origine, la falsificazione alimentare diventa molto più complessa da scovare perché si basa essenzialmente sullo sfruttamento illecito della reputazione di una “denominazione di origine protetta” (dop) e/o di una “indicazione geografica protetta” (Igp) o un falso “Made in Italy” per i mercati internazionali. Il valore di questo nuovo fenomeno illegale è in crescita, ed è stimato attualmente intorno ad alcune decine di miliardi di euro l’anno; esso cresce soprattutto perché, essendo la legislazione europea attuale tutta orientata a garantire il consumatore dal punto di vista della sicurezza alimentare, le pene per chi delinque senza arrecare danno alla salute umana sono lievi e non hanno alcun effetto deterrente, ragion per cui il mercato nazionale e soprattutto quello internazionale è invaso dai tarocchi italiani.
L’Italia si presenta, quindi, come un paese ricco e per questo vulnerabile a livello internazionale: con le sue 242 Denominazioni Riconosciute è al primo posto della graduatoria comunitaria dei prodotti tipici e possiede oltre il 22% dell’intera fetta di mercato europeo. L’enogastronomia è un tratto distintivo dello stile italiano, uno dei fattori di successo e di identificazione del Made in Italy: per questo i prodotti di cibo italiano sono spesso oggetto di sofisticazioni alimentari. In particolare le produzioni dop e igp, nate nel 1992, sono diventate l’analogo delle griffe della moda e come queste vengono contraffatte ma, diversamente da esse, il consumatore non riesce a riconoscerle quando sono taroccate.
Secondo le stime del Corpo forestale dello Stato, i pirati agroalimentari ogni anno sottraggono all’Italia 60 miliardi di euro di valore di cibo contraffatto e spacciato nel mondo come Italian sounding. Sulla base del giro di affari complessivo della criminalità organizzata stimato dall’Eurispes in 220 miliardi di euro, quello dell’Agromafia viene calcolato pari a 12,5 miliardi di euro, equivalenti al 5,6% del totale, di cui 3,7 miliardi di euro provenienti da reinvestimenti in attività lecite e 8,8 miliardi di euro da attività illecite.
Fonte: ufficio stampa Ispettorato generale Corpo forestale dello Stato – 25 maggio 2013