In attesa del passo indietro di Silvio Berlusconi impazza il toto ministri e, nella girandola di indiscrezioni che segnano queste ore, cominciano a emergere alcune certezze.
Innanzitutto sul timing: sia Giorgio Napolitano che Mario Monti vogliono tempi rapidissimi. Dunque, se non ci saranno intoppi, dopo le dimissioni del premier (attese in serata) si apriranno le consultazioni del capo dello Stato. L’incarico al nuovo presidente del Consiglio dovrebbe quindi giungere domenica sera. A quel punto l’ex commissario Ue sarebbe formalmente incaricato di costituire il nuovo esecutivo per arrivare a stretto giro al giuramento nelle mani del capo dello Stato e soprattutto al voto di fiducia delle Camere che, di norma, deve avvenire entro dieci giorni dal decreto di nomina del presidente della Repubblica.
Salgono le quotazioni di un governo di soli tecnici
Se dunque il ruolino di marcia comincia ad assumere contorni abbastanza definiti, sono invece ancora poche le certezze relative ai futuri ministri dell’esecutivo guidato dall’ex commissario Ue. Monti vorrebbe portare a Palazzo Chigi solo tecnici lasciando fuori i partiti e su questo il preside della Bocconi gode dell’appoggio anche del capo dello Stato. Ma vediamo chi sale e chi scende nel totonomine in attesa del passaggio di consegne tra Berlusconi e il premier in pectore.
Chi sale e chi scende nell’ultimo totoministri
La casella sicuramente più importante dell’esecutivo è quella dell’Economia visto il programma “lacrime e sangue” che il nuovo esecutivo dovrà mandare in campo. Per la guida di Via XX Settembre circolano per ora tre ipotesi: accanto al direttore generale Fabrizio Saccomanni, in pole position, si fanno anche i nomi di Lorenzo Bini Smaghi(appena dimessosi dalla Bce) e di Guido Tabellini, professore di Economia alla Bocconi e quindi collega di Monti. Per la casella dello Sviluppo, salgono le quotazioni di Carlo Secchi, altro bocconiano di ferro. Come Lanfranco Sen che gli ultimi rumors danno in corsa per il ministero delle Infrastrutture. Al Lavoro, invece, potrebbe andare l’economista Carlo Dell’Aringa. Alla Difesa il nome del generale Rolando Mosca Moschini (attualmente consigliere militare del Quirinale) appare più forte rispetto a quello dell’ex capo di Stato maggiore Vincenzo Camporini. Al ministero dell’Agricoltura potrebbe invece approdare Federico Vecchioni, ex presidente di Confagricoltura, considerato vicino a Luca Cordero di Montezemolo. Per il Welfare si citano sindacalisti (ma Bonanni si è tirato indietro) o figure come Nicola Rossi e Piero Ichino. Enzo Moavero è invece in corsa come sottosegretario alla presidenza del Consiglio.
Niente riconferme: in pole accademici e esperti
Scartata la strada delle riconferme – che pure in un primo momento era stata contemplata da Monti – al posto di Franco Frattini potrebbe quindi arrivare Giuliano Amato, anche se resta in pista la candidatura di Giampiero Massolo, segretario generale al ministero degli Affari esteri e dunque profondo conoscitore del funzionamento della Farnesina. Per la Giustizia le ipotesi sono ancora molteplici: Francesco Nitto Palma ha già preparato gli scatoloni e la sua scrivania potrebbe essere occupata da un “tecnico” come Cesare Mirabelli, presidente emerito della Consulta e ora docente alla Pontificia Università Lateranense, ma circola anche il nome di Alberto Capotosti, altro ex presidente della Corte Costituzionale. Per la Salute, l’ipotesi più gettonata è un ritorno dell’oncologo Umberto Veronesi. E all’istruzione, spazio a un altro tecnico, apprezzato anche dal centro-destra: il rettore della Cattolica, Lorenzo Ornaghi, mentre scendono le quotazioni degli altri due papabili, Andrea Riccardi e Francesco Profumo.