Sempre virtuosa, ma sempre più in affanno: gli investimenti sono a zero o quasi, e ora la Regione deve accelerare la scure del taglio del 20 per cento su tutti i suoi enti-satellite e le società. È stato il Veneto, tra le Regioni a statuto ordinario, quella che ha tagliato di più la spesa nel 2011 rispetto all’anno precedente. La segnalazione si basa sui dati certificati dalla Corte dei conti e arriva dalla “Officina Veneto”, il centro elaborazione dati della Lega nord. «La spesa complessiva delle Regioni a statuto ordinario nel 2011 ha superato i 130 miliardi, in flessione però dell’1,7% rispetto al 2010». In quel calo di spesa però è stato proprio il Veneto è la regione che ha ridotto maggiormente le uscite.
La diminuzione degli impegni di spesa è stata di quasi il 10%, scendendo ben al di sotto degli 11 miliardi, e cioè a una quota inferiore ai livelli del 2007. L’unica altra Regione che si è avvicinata è il Lazio. La Campania, viceversa, è all’opposto, con un +28% di spesa. Va però detto che se si guarda alle spese del 2007 rispetto al 2011, è la Liguria ad avere tagliato di più (-13%) e la Toscana ha il picco di aumento (+8,9%), mentre il Veneto appunto è leggermente al di sotto dei livelli di 5 anni prima: -1%. Quanto alla vicina Lombardia, nel 2011 ha segnato un calo solo del 2,4% rispetto all’anno precedente, mentre rispetto al 2007 c’è stato addirittura un aumento del 4,9%. NIENTE INVESTIMENTI. A pagare il calo, però, sono stati soprattutto gli investimenti. Ben il 94% della spesa della Regione è infatti destinata alle uscite per le spese correnti: il personale, l’acquisto di beni e servizi, gli interessi da pagare sui mutui già fatti in passato. Soltanto il 5% si riferisce alle spese in conto capitale, che in genere sono appunto quelle per nuovi investimenti. Il fenomeno, come noto, è dovuto al tetto massimo di spesa imposto dallo Stato con il Patto di stabilità, tanto che la Regione ha fermo in tesoreria un miliardo e più di euro.
SIAMO QUELLI CHE SPENDONO MENO. Il Veneto, segnala l’Officina, nel 2011 è rimasto stabilmente all’ultimo posto nella classifica della spesa regionale per abitante. In pratica, la Regione ha impegnato in spesa 2.109 euro per ciascun abitante: un dato che è «inferiore di oltre 400 euro (quasi un quinto in meno) rispetto alla media delle Regioni a statuto ordinario». E il livello di spesa della nostra Regione è quasi tutto concentrato come noto sulla sanità, che assorbe il 77% del bilancio, a fronte di una media delle altre Regioni a statuto ordinario del 74,2%: è il segno di quanto risparmiamo su tutto il resto pur di garantire il più possibile dell’attuale sistema di assistenza sociale e sanitaria in Veneto, compresi come noto i famosi “servizi extra-Livelli essenziali” che anche quest’anno saranno mantenuti. Oltre alla sanità, le altre emergenze cui il Veneto assegnala priorità sono «il lavoro e la previdenza (8,9%, mentre la media delle Regioni è appena 2,6%)». Altro fiore all’occhiello, il Veneto spende meno di altri in «amministrazione generale: 3%, contro il 4,3% complessivo».
LA SCURE SULLE SOCIETÀ REGIONALI. Tutto questo risparmio non cambia la situazione rispetto a un’altra scure che cala da Roma: con la “spending review”, come noto, quest’anno la Regione ha dovuto imporre a tutti gli enti, aziende e agenzie di tagliare del 20% i fondi che ricevono, sotto qualsiasi titolo, dalla Regione, il che va a cadere sui costi di gestione, compreso il personale. L’ordine di fare i piani di gestione con i nuovi tagli è già partito in gennaio, e adesso c’è da tirare le fila perché la legge prevede che dopo nove mesi la cura dimagrante deve essere entrata in funzione, altrimenti tutti «gli enti, le agenzie e gli organismi» che non hanno provveduto a farlo «sono soppressi, e sono nulli gli atti successivamente adottati dai medesimi». Sono escluse però le Ulss e gli enti sociali ed educativi-culturali.
UNO SCONTO DI PENA. Uno sconto però, per gli enti, c’è stato. Da una parte la Regione ha infatti soppresso l’Arss-Agenzia regionale socio-sanitaria e la Scuola regionale per la polizia locale, dall’altra ha stabilito che il -20% si calcola sulla media dal 2009 al 2012, il che “diluisce” la portata del taglio. Infine il -20% dovrà essere complessivo: per qualcuno che non riesce a tagliare potrà essere sacrificato qualche altra realtà.
Piero Erle – Il Giornale di Vicenza – 25 aprile 2013