Marco Rogari, il Sole 24 Ore. Si chiamano prestazioni pensionistiche assistenziali. E sono erogate dall’Inps. Si tratta di pensioni e assegni sociali e dei trattamenti agli invalidi civili, indennità di accompagnamento comprese: dai sordomuti agli inabili. Rappresentano gran parte di quella fetta di voci che, almeno a livello contabile, i sindacati puntano a scorporare dal capitolo “previdenza”. Che andrebbe così a pesare meno sul Pil e vedrebbe ridurre la portata effettiva del flusso di spesa. Una soluzione che sembra interessare anche al governo. Che punta a realizzare questa operazione di cui si parla ormai da trent’anni con la prossima legge di bilancio o, al più tardi, con quella per il 2025. Di questi assegni al 1° gennaio 2023 ne risultavano in pagamento ben 4.033.210 (il 22,8% dei 17,7 milioni di trattamenti complessivamente erogati dall’Istituto) per un costo di 24,4 miliardi: il 10,6% del totale della spesa sostenuta per le pensioni versate dell’ente, attualmente guidato da Pasquale Tridico. Nel solo 2022 l’assistenza con un abito pensionistico ha assorbito il 46,5% dei nuovi trattamenti liquidati per una spesa di 3,6 miliardi su 14,1 complessivi.
E sulla base del “coefficiente standardizzato di pensionamento”, che è utilizzato per consentire un confronto corretto fra le regioni “più giovani” e quelle “più vecchie”, gli assegni assistenziali risultano concentrati in grande quantità in Calabria, Campania, Puglia e Sicilia, rispettivamente con 118, 112, 105 e 101 trattamenti ogni mille abitanti: circa il 70% in più della media nazionale (68,3 nel 2022 mentre nel 2004 era 47,4) e a una distanza abissale dalle Regioni con un tasso di assistenzialismo più basso: Emilia Romagna, Piemonte, Friuli Venezia Giulia e Veneto, che presentano un tasso standardizzato, rispettivamente, di 43, 45, 45 e 46 per 1.000 residenti.
Dall’ultima fotografia scattata dal Coordinamento generale statistico attuariale dell’Inps emerge che in termini assoluti il territorio dove le pensioni in formato assistenza sono meno numerose è quello molisano, appena 22.747 (lo 0,6% del totale). Anche in Basilicata (44.354, pari all’1,1%) e in Friuli Venezia Giulia (58.617 equivalenti al’1,5%) si resta molto lontani dalla fatidica soglia dei 100mila trattamenti. Che viene invece abbondantemente superata dal Lazio (463.357, l’11,5% del totale), dalla Sicilia (464.106, sempre l’11,5%), dalla Lombardia (472.443, pari all’11,7%). Il primo posto di questa graduatoria spetta alla Campania con 553.278 pensioni assistenziali (il 13,7% del totale).
La rilevazione dell’ente previdenziale conferma, insomma, che il tasso di concentrazione di questi assegni nel Mezzogiorno resta elevato. Ma, a prescindere dalla distribuzione geografica, i dati dicono anche che l’andatura di questo tipo di pensioni sta tornando ad essere sostenuta dopo 2-3 anni di brusco rallentamento (nel 2020 erano scese al 40,7% del totale), «dovuto fondamentalmente – si legge nel dossier Inps – alla situazione pandemica che ha causato rallentamenti negli accertamenti medico-legali per il riconoscimento degli stati di invalidità, cecità e sordità civile». Nel solo 2022 le nuove prestazioni pensionistiche assistenziali liquidate dall’Inps sono state 627.799: oltre 45mila in più delle 581mila erogate l’anno precedente e, come detto, hanno assorbito il 46,5% delle pensioni complessivamente versate dall’ente (1.350.222). Sembra insomma ripartita la marcia di avvicinamento verso il picco raggiunto nel 2014 a quota 54,1 per cento.
L’età media dei beneficiari di pensioni e assegni sociali è di 75,6 anni mentre quella dei titolari di invalidità civile è di 63,2 anni. Ma in quest’ultimo caso nella rilevazione si osserva che il 53,3% dei titolari di prestazioni di invalidità civile di sesso maschile ha un’età inferiore a 60 anni.