Cambia l’assetto delle famiglie e cambia anche il consumo di formaggio. Negli ultimi cinque anni, a partire dal periodo che ha preceduto la pandemia, il comparto del latte e derivati formaggi ha attraversato una fase di progressivo declino dei volumi acquistati. Ci sono stati molti cambiamenti nelle abitudini dei consumatori, sia per i canali distributivi scelti, sia per il ruolo dei formaggi nella dieta seguita dalle famiglie. Il consumo di formaggio cambia a seconda dell’età dei figli e dei genitori. E cambia con l’impatto della pandemia.
E così «le coppie giovani con figli piccoli hanno mostrato la maggior disaffezione al consumo di formaggi nel quinquennio, riducendo gradualmente nella loro dieta la presenza del formaggio a tavola (-5% in volume tra il 2016 e il 2020).I formaggi hanno avuto maggiore appeal nelle famiglie composte da genitori con figli adolescenti, per i quali il consumo di formaggio è aumentato del 15% in cinque anni con un recupero eccezionale nell’ultimo anno. Anche i giovani single hanno mostrato un eccezionale dinamismo in epoca di pandemia (+21%) e si tratta di una vera e propria riscoperta del prodotto dopo un periodo di interesse scarso e cedente».
I formaggi e il mercato estero
Sono alcuni dati sul consumo di formaggi e sul settore lattiero-caseario diffusi in occasione di Cheese, manifestazione internazionale dedicata ai formaggi a latte crudo e ai latticini, a Bra fino a oggi.
In un contesto di ripresa dei consumi e delle esportazioni, la fiera è anche occasione per fare il punto sul settore.
I formaggi italiani hanno ripreso la loro corsa sui mercati esteri.
Dopo la lieve flessione in valore delle esportazioni nel 2020, il primo semestre del 2021 ha fatto registrare un incremento a doppia cifra delle spedizioni oltre frontiera, sia nelle quantità (+11%) che in valore (+13% ) sullo stesso periodo dello scorso anno. A favorire il rimbalzo, sottolinea l’Ismea sulla base degli ultimi dati del commercio estero dell’Istat, è stata la ripresa dei consumi fuori casa nei principali Paesi clienti, dopo l’allentamento delle misure restrittive determinate dalla pandemia e, per quanto riguarda gli Stati Uniti, la rimozione dei dazi che da ottobre del 2019 a febbraio 2021 hanno gravato sui formaggi diretti verso il mercato a stelle e strisce.
Nel 2020, nonostante le difficoltà del periodo pandemico e il forte rallentamento del commercio mondiale l’Italia ha esportato 463 mila tonnellate di formaggi e latticini (+1,7% sul 2019) per un controvalore di 3,1 milioni di euro ( -3%), mantenendo il titolo di terzo esportatore mondiale, dietro Germania e Paesi Bassi e confermandosi il primo fornitore di due destinazioni strategiche come Francia (principale mercato di sbocco del comparto a livello globale) e Stati Uniti ( primo Paesi acquirente a livello extra Ue).
Il consumo di formaggio nel mercato domestico
Nel mercato domestico, come emerge dai dati relativi alla prima metà dell’anno, gli acquisti di prodotti lattiero caseari hanno registrato una generale flessione rispetto ai valori record del 2020, mantenendosi comunque al di sopra dei livelli pre-pandemici.
Più da vicino, la contrazione dei consumi nel 2021 evidenziata dal panel famiglie Ismea-Nielsen è stata del 4,2% in volume, dopo il picco del +10% messo a segno nel 2020, per effetto del lockdown e dello spostamento di quasi tutti i consumi tra le mura di casa.
Il confronto con l’epoca pre-pandemica evidenzia tuttavia un netto miglioramento degli acquisti della categoria nel 2021: +6,7% i volumi rispetto al 2019.
Alcuni tipi di formaggio sono riusciti meglio di altre a fidelizzare i consumatori.
È il caso dei formaggi freschi, soprattutto mozzarelle, che hanno limitato la flessione del 2020 a un -3,9% , mantenendo un differenziale positivo con il 2019 dell’11%. Tra i formaggi DOP, la Mozzarella di bufala e il Montasio sono ulteriormente cresciuti anche nel 2021 dopo le ottime performance del 2020 (rispettivamente +2,4% e +11%).