Anche a febbraio l’Istat fotografa una pesante situazione in tema di consumi: il commercio al dettaglio cede lo 0,3% in valore e lo 0,7% in volumi rispetto a gennaio, mentre la variazione tendenziale dice che le vendite al dettaglio scendono dell’1% in valore e del 2,4% in volumi.
A incidere sulla variazione congiunturale, spiega l’Istat, il forte calo della spesa alimentare (-1,1% in valore e -2% in volume). Ma a osservare bene i numeri, si comprende che – aldilà della perdurante crisi degli acquisti – le famiglie italiane non hanno improvvisamente smesso di comperare cibo e di mangiare. Con il dato di febbraio l’istituto di statistica non fa altro che confermare un fenomeno già in atto e che vede un lento ma costante spostamento degli acquisti delle famiglie verso nuovi canali di vendita e verso nuove tipologie di prodotto (si veda l’articolo pubblicato a fianco). Performace ancora più macroscopica se vista con l’osservazione tendenziale: a febbraio 2017 le vendite di alimentari sono scese dell’1,2% in valore e addirittura del 4,8% in volume.
Ma se l’alimentare soffre, anche altre voci commerciali non stanno meglio: nel periodo preso in esame dall’Istat, le variazioni negative più marcate riguardano i gruppi elettrodomestici, radio, tv e registratori (-3,4%), dotazioni per l’informatica, telecomunicazioni e telefonia (-3,3%), foto-ottica (-3%) e prodotti di profumeria e cura della persona (-2,6%). In rgeresso anche la spesa culturale: a febbraio gli acquisti di libri, giornali e riviste perde il tre per cento.
È sui canali di vendita – come rileva con una analisi anche Coldiretti – che si misura la prima variazione di tendenza importante. «Per gli esercizi non specializzati a prevalenza alimentare – scrive l’Istat – si rileva una flessione generalizzata del valore delle vendite che si attesta all’1,1% per i supermercati, all’1,2% per i discount e all’1,5% per gli ipermecati». Di contro le vendite al dettaglio segnano un incremento dello 0,3% per i canali distributivi specializzati.
È da questo ultimo segmento commerciale che, secondo gli analisti, arriveranno e stanno arrivando le principali novità in termini di consumi e quindi vendite. Secondo un recente studio di Rem Lab Università Cattolica di Milano per Assolatte, oggi in Italia sono già attivi ben 3.364 drugstore e, in particolare, 496 store specializzati nel “bio”, 300 nell’equo e solidale e 242 nei surgelati. Secondo le previsioni, al 2020 la quota di vendita degli ipermercati scenderà al 12,8% (14,2% nel 2016); quella dei supermercati passerà dal 39,4% al 38,1%; quella delle superette cederà fino al 7,9% (11,1 nel 2016) e infine la quota delle catene specializzate volerà dal 5,2% all’8,3%.
Si consolida «la tendenza alla ricerca di canali di acquisto alternativi al dettaglio tradizionale – spiega Coldiretti – con la crescita dell’online, degli acquisti a domicilio e della vendita diretta confermata dal boom dei mercati degli agricoltori, dove hanno fatto la spesa più di 4 italiani su 10 (43%) nel 2016 con un aumento record del 55% negli ultimi 5 anni. Non è un caso che l’81% degli italiani preferisce comperare la frutta direttamente dagli agricoltori».
Il Sole 24 Ore – 8 aprile 2017