Più tempo, dunque. E un suggerimento ai partiti: nessuno ha vinto, cominciate a costruire alleanze dai programmi. Infine, ma non ultimo, un invito (ma detto solo nei colloqui riservati) a restare nel recinto costituzionale: quello di rispettare i vincoli di bilancio (come da art.81 della Costituzione) e le alleanze internazionali, i Trattati Ue e la collocazione atlantica nella Nato. Alla fine di questo primo giro, Sergio Mattarella ha voluto parlare direttamente agli italiani raccontando cosa è accaduto in questi due giorni. Innanzitutto correggendo con la matita rossa la versione dei leader su come è andato il voto. «Le elezioni – ha detto il capo dello Stato – hanno visto un ampio aumento di consenso di due partiti, ma non hanno assegnato a nessuno la maggioranza dei seggi. Nessun partito dispone da solo dei voti necessari per formare un governo ed è quindi indispensabile che vi siano intese tra più parti politiche per formare una coalizione, nelle consultazioni questa condizione non è ancora emersa». Ecco perché la decisione del capo dello Stato è stata quella di accordare più tempo, ricominciando il secondo round da giovedì o venerdì prossimi. «Farò trascorrere qualche giorno di riflessione anche per esigenza di maggior tempo chiesta dai partiti. Sarà utile anche a me per analizzare e riflettere ed è utile a loro perché possano valutare responsabilmente le convergenze programmatiche e le soluzioni per governo».
Riavvolgendo il nastro di questi giorni, si vedono con chiarezza i punti di stallo e le ragioni di un supplemento di trattative nei partiti. La Lega ne ha bisogno per chiarire i rapporti con Berlusconi che ieri ha chiuso ai 5 Stelle mentre Salvini spalancava le porte a Di Maio. Ma i grillini vogliono “esplorare” anche il campo del Pd che però aspetta l’assemblea del 21 aprile, quando verrà eletto il segretario (finora si è candidato solo il reggente Martina).
Ecco dunque la necessità di avere davanti più giorni. Escluso infatti che il capo dello Stato possa mandare di nuovo gli italiani al voto prima dell’estate – nonostante le minacce di Lega e 5 Stelle – lascerà che i partiti provino fino in fondo a formare un Governo politico. Se invece lo stallo dovesse perdurare, si aprirebbe solo la strada di un Esecutivo che traghetti il Paese a nuove elezioni (magari in autunno o tra un anno) con una formula “istituzionale”. Ma che per essere accettato da partiti oggi riluttanti, avrebbe bisogno di essere presentato agli italiani come “prova di responsabilità”. Al momento l’ipotesi viene respinta sia da Salvini che da Di Maio, ma se dovessero fallire resterebbe quella come ultima carta. Per questa ragione è molto probabile che alla fine del secondo giro di consultazioni – sempre che nel frattempo non vi sia un patto di maggioranza, o rotture nel centro-destra – il Colle potrebbe affidare un pre-incarico al leader della coalizione che ha preso più voti, quindi a Salvini. Se poi lui non riuscisse a trovare i numeri, Mattarella riprenderebbe su di sé il mandato per passarlo – sempre nella forma del pre-incarico – a Luigi Di Maio. E se anche il leader grillino dovesse fallire, allora si arriverebbe a un appello alla responsabilità per un governo di tutti. È ovvio che sono scenari disegnati se la crisi dovesse durare ma se così fosse, la situazione sarebbe così delicata che difficilmente – tra le opzioni che ha il capo dello Stato – verrebbe affidato un mandato esplorativo al presidente del Senato o della Camera. La regia resterebbe sempre al Quirinale.
Lina Palmerini – Il Sole 24 Ore – 6 aprile 2018