Il primo scontro in consiglio tra gli «ex amici» di Forza Italia e del Nuovo Centrodestra (ma a Palazzo Ferro Fini gli «alfaniani» continuano ad usare l’antico acronimo Pdl) va in scena sulla manifestazione in sostegno di Silvio Berlusconi prevista a Roma per oggi, giorno del voto sulla decadenza.
I quattro neo forzisti Leonardo Padrin, Mauro Mainardi, Remo Sernagiotto e Davide Bendinelli hanno infatti chiesto al presidente dell’assemblea Valdo Ruffato si rinviare la seduta in agenda per oggi, dedicata al Piano casa ter, così da permettere loro di scendere nella capitale per manifestare tutta la solidarietà della neonata pattuglia veneta al suo leader. «Già in passato i lavori del consiglio sono stati modulati in modo da permettere ai consiglieri di partecipare alla vita politica dei loro partiti – ha spiegato lo speaker Padrin -. Non vedo perché stavolta si dovrebbe fare eccezione». Ruffato ha quindi riunito i capigruppo, verificando se esistesse quella maggioranza dei 4/5 necessaria per cambiare in corsa l’ordine del giorno, ma a dire no, in modo inequivocabile, è stato proprio il Pdl che già in aula aveva richiamato Padrin col capogruppo Dario Bond (confermato nel ruolo insieme al vice Piergiorgio Cortelazzo): «Auguro le migliori fortune ai nostri ex compagni ma non posso non ricordare al collega Padrin i suoi doveri nei confronti dei veneti che ci hanno votato ed ai quali resta legato da un mandato elettorale». Contrario anche il Pd mentre la Lega, ancora sconquassata dallo scontro con i suoi sindaci sul Piano casa, forse intravedendo la chance di prendere tempo si è detta disponibile al rinvio, purché Ruffato si impegnasse a discutere comunque la legge entro il 30 novembre, data di scadenza del Piano casa bis. Condizione impossibile, ovviamente rispedita al mittente da Ruffato, che a quel punto ha constatato l’inesistenza dei presupposti per accontentare Padrin & co. «Prendo atto – commenta laconico il forzista – è la prima volta che accade e questo nonostante sia chiaro a tutti che la manifestazione di Roma è “politica” e la decisione di scendere in piazza è stata presa oggi per domani…». Lui, assicura, a questo punto oggi sarà in aula mentre gli altri tre sono intenzionati a salire comunque sul treno (Sernagiotto ha un appuntamento anche in qualità di assessore al Sociale).
Il gruppo forzista, che ha annunciato di voler rinunciare al dirigente e alla quota di contributi Pdl relativi agli anni passati, è deciso a non passare inosservato e ieri ha presentato pure tre iniziative di legge destinate a suscitare più di un mugugno nella maggioranza di cui continua a far parte: un progetto di legge per ridurre a ultima ratio i project financing, uno per la creazione di un sito web dedicato alla trasparenza dei contributi regionali e un emendamento proprio al Piano casa per escludere dal pagamento degli oneri le famiglie numerose. Intanto il Pd chiede a Padrin di abbandonare la presidenza della commissione Sanità (lui si è detto pronto a farlo se la sua presenza dovesse pregiudicarne i lavori) e presenta la sua manovra emendativa al Piano, con la riduzione della durata da 5 a 2 anni e il ritorno del potere di veto dei Comuni. Pietrangelo Pettenò della Sinistra ha formulato altri 70 emendamenti. Il presidente di Confartigianato Giuseppe Sbalchiero invece attacca: «Ci sono migliaia di imprese e migliaia di posti di lavoro in gioco, le rivendicazioni dei sindaci sono senza fondamento».
Noi paghiamo, voi dovete lavorare
Come potrebbe fare a meno del battimani di Remo Sernagiotto, Davide Bendinelli, Leonardo Padrin e Mauro Mainardi il capo che arringherà la nuova opposizione del Paese per menare più liberamente fendenti al governo? Perchè naturalmente, per loro, è più importante essere «lì» che «qui», lì a Roma che qui a Venezia, lì dal capo in decadenza e non qui nel loro luogo di lavoro, nel Consiglio regionale veneto (cioè noi) che li paga ottomila euro al mese (migliaio più migliaio meno) per rendere conto ai cittadini di quel che pensano, quel che dicono, quel che votano, quel che fanno (anche di quel che sbagliano). Il Consiglio sta votando una delle più importanti leggi del quinquennio – la legge sulla casa che ha portato e porterà nuovi miliardi di Pil a una regione dove gli imprenditori si suicidano – e loro che fanno? Chiedono di spostare la seduta per «esserci» al «cupio dissolvi» del Cavaliere. E se glielo negano che fanno? Ci vanno lo stesso (a parte Padrin, pare). Sia chiaro, diremmo le stesse cose se a battere la fuga strategica per «motivi politici» fosse un quartetto del Pd che furbeggia per andare da Renzi alla Leopolda. Il colore del «dissolvi» non cambia: li vogliamo qui a lavorare e a guadagnarsi l’enorme stipendio che gli paghiamo. E già che ci siamo ci chiediamo se siano intenzionati, per «coerenza», a fare quel che sta facendo il capo: passare all’opposizione lasciando la poltrona, anche loro, nel loro governo. (a.r.)
Il Corriere del Veneto – 27 novembre 2013