Il vertice informale dell’Ue svoltosi il 30 gennaio a Bruxelles è riuscito a ottenere la firma del nuovo trattato Patto di Bilancio, voluto dai tedeschi, che impone una ferrea disciplina di bilancio ai paesi dell’Eurozona, e ha approvato un piano per la crescita e l’occupazione, con misure per promuovere il lavoro dei giovani, le Pmi e il completamento del mercato unico nei servizi, ma ha ‘perso pezzi’ strada facendo.
La Repubblica ceca (come la Gran Bretagna), non ha messo la sua firma al Fiscal Compact, che per ore è rimasto appeso a una controversia fra Francia e Polonia (appoggiata dalla Repubblica ceca e da altri paesi dell’Europa dell’Est) sulla partecipazione degli Stati non membri dell’euro ai vertici dell’Eurogruppo. La polemica si è risolta con un compromesso: i Diciassette dell’euro potranno riunirsi da soli almeno due volte all’anno, ma almeno una volta all’anno (e tutte le volte che si discuteranno argomenti legati all”architettura’ istituzionale) dovranno aprirsi agli altri Stati membri. La Svezia, invece, non ha sottoscritto la dichiarazione su crescita e occupazione perché considera che sulla questione debba prima pronunciarsi il proprio parlamento nazionale.
Il pareggio di bilancio diventa una «regola d’oro»
Il pareggio di bilancio diventa una «regola d’oro» per i 25 paesi della Ue che accettando il nuovo Patto hanno accettato di inserire l’obbligo dell’equilibrio dei conti nelle Costituzioni nazionali o in leggi equivalenti e si sono impegnati a fare scattare sanzioni ‘semi-automatichè in caso di violazione. I paesi che hanno un debito superiore al tetto fissato da Maastricht del 60% sul Pil si sono impegnati inoltre ad un piano di rientro pari ad 1/20 l’anno, tenendo però conto -come chiesto dall’Italia – dei fattori attenuanti già previsti dal six-pack, il pacchetto di disposizioni sulla nuova governance economica.
Accordo politico sul nuovo salva-stati permanente
I leader riuniti a Bruxelles – paralizzata dalla prima neve e da uno sciopero generale contro l’austerità – hanno anche dato il via libera alla creazione del fondo salva-stati permanente Esm, che dal primo luglio sostituirà quello provvisorio Efsf, rinviando però al vertice del primo di marzo la decisione sulle risorse (500 miliardi, come vorrebbe la Germania, o almeno 750 come chiedono altri paesi, Italia inclusa, la Commissione e il Fmi).
Grecia convitata di pietra
La difficoltà della Grecia a raggiungere un accordo con i creditori privati e le polemiche suscitate dal documento tedesco che chiede un commissariamento di fatto di Atene, sono stati i convitati di pietra: la questione è stata discussa «informalmente» a cena, dopo voci non conferemate che si sono rincorse per tutto il pomeriggio su un nuovo summit dell’Eurogruppo l’8 febbraio interamente dedicato al caso greco.
Il presidente francese, Nicolas Sarkozy, ha detto che ci sono “buone speranze” che un accordo sulla ristrutturazione del debito della Grecia possa essere raggiunto entro qualche giorno e che “una tutela” del budget di Atene è fuori questione.
A ricordare che non c’è solo la strada dell’austerità, ci hanno pensato i sindacati belgi che hanno presentato simbolicamente il primo eurobond ai capi di Stato e di governo. Mentre il presidente dell’Europarlamento, Martin Schulz, ha reiterato la richiesta di Strasburgo di introdurre subito una Tobin tax sulle transazioni finanziarie.
Draghi, l’accordo rafforza la fiducia nella zona euro
La Bce «accoglie con favore l’adozione del trattato fiscal compact che rappresenta un primo passo verso un’unione fiscale e che certamente rafforzerà la fiducia nella zona dell’euro» e anche «l’applicazione del Fondo Esm entro luglio». Così il presidente della Bce Mario Draghi al termine del Vertice Ue
Monti: vertice fruttuoso, Italia soddisfatta
Un vertice «fruttuoso che ha concluso una pagina importante della storia europea con il trattato sul fiscal compact» e ha aperto una pagina altrettanto importante su crescita e occupazione». Lo ha detto Mario Monti al termine del Consiglio Ue di Bruxelles. Il premier ha sottolineaot inoltre che la conclusione del vertice «è sulla linea che il Parlamento e il governo italiano auspicavano e cioè che non ci sono ulteriori appesantimenti o aggravi sul fronte del rigore per quanto concerne il debito».