Progettato in grande stile dal consigliere della Lista Zaia Luciano Sandonà come «lancio» del referendum autonomista, il consiglio straordinario di domani dedicato ai 220 anni della caduta della Repubblica di Venezia (12 maggio 1797) va assumendo connotati sempre più low profile . Già si è dovuto rinunciare alla prestigiosa sede di Palazzo Ducale, per via dei costi (160 mila euro secondo quanto informalmente comunicato) e delle difficoltà logistiche legate all’allestimento di una seduta al di fuori degli spazi ordinari di Palazzo Ferro Fini. Già alla vigilia dell’evento si è dovuto ridurre il parterre degli studiosi invitati per la prolusione (il professore dell’università di Padova Giuseppe Gangemi s’è visto costretto a rinunciare per impegni precedenti, sicché la lectio sarà tenuta dal solo Giuseppe Gullino, professore di Storia moderna pure dell’università di Padova). Ora scoppia anche un caso politico, con Forza Italia decisa a disertare l’appuntamento in polemica con la decisione del presidente Roberto Ciambetti di convocare la seduta in concomitanza con la cerimonia dell’alzabandiera dell’adunata degli alpini di Treviso. Una disfida tra il tricolore e il leone marciano che esplode mentre due ministri ed un sottosegretario della Repubblica approdano in Veneto: Pinotti (Difesa) proprio a Treviso per l’adunata, Franceschini (Cultura) e Boschi a Venezia per la Biennale.
A sollevare il caso è stato l’assessore all’Istruzione Elena Donazzan, autrice di un’indispettita lettera a Ciambetti in cui chiede di sconvocare il consiglio e sottolinea l’inopportunità dell’allestimento di un convegno, perché di questo in effetti si tratta, all’interno dell’aula legislativa e nelle stesse ore in cui in mondovisione, a Treviso come negli altri sacrari della Grande Guerra (da Cima Grappa al Pasubio, da Nervesa a Fagarè, passando per Asiago) si terrà l’alzabandiera dell’adunata del Piave, evento a cui sono attese oltre 400 mila persone tra penne nere e simpatizzanti. Lapidaria la risposta di Ciambetti, peraltro orgogliosamente alpino: «Prima che alpino sono un consigliere regionale ed è mio dovere partecipare all’attività del consiglio, convocato a norma di regolamento su richiesta dei colleghi. Non capisco queste polemiche, in occasione della conferenza dei capigruppo in cui si stabilì il calendario nessuno obiettò alcunché». Altrettanto secca la replica di Donazzan: «Tra una bandiera che scende ed una che sale, io scelgo quella che sale». Andrà a Cima Grappa. Come lei farà anche il vice presidente Massimo Giorgetti, già tenente degli alpini che, reduce da una frattura ad una gamba dopo un ardito lancio con il paracadute, emulando l’eroico bersagliere Enrico Toti lancerà in segno di sfida la sua stampella contro il «Serenissimo» presidente (idealmente, per carità). E sebbene con accenti assai meno polemici, sarà assente pure il capogruppo Massimiliano Barison, reduce da un viaggio a Bruxelles.
Che faranno i consiglieri «alpini» della Lega, da Gianpaolo Bottacin a Franco Gidoni? Il dilemma è irrisolto dai tempi di Giancarlo Gentilini, che comunque al riguardo non ha mai avuto dubbi: prima alpino e poi leghista. Lui, c’è da star sicuri, sarà in prima fila. E nella «sua» Treviso, per l’alzabandiera, è atteso domani anche il governatore Luca Zaia, che dunque difficilmente riuscirà a presenziare al dibattito sul tramonto della Repubblica di San Marco, correndo il rischio di scontentare la folla che lo attende per i selfie e gli autografi di rito. Infine il Pd. I dem, ovviamente, non hanno alcuna intenzione di partecipare ai lavori d’aula ma a ieri sera ancora non avevano deciso il da farsi. Il capogruppo Stefano Fracasso vorrebbe presenziare agli alzabandiera degli alpini, con un gesto simbolico di forte contrapposizione alla Lega. Graziano Azzalin, vero «alpino assaltatore» dell’opposizione, preferirebbe invece una rumorosa manifestazione fuori da Palazzo Ferro Fini.
Marco Bonet – Il Corriere del Veneto – 11 maggio 2017