Dopo tre settimane di discussione, il consiglio regionale ha chiuso ieri, a tarda sera, il trittico Collegato-Legge di Stabilità-Bilancio, risolvendo così entro fine anno, come auspicato dal governatore Luca Zaia e dal suo vice con delega al Bilancio Gianluca Forcolin, la sessione dedicata ai conti di Palazzo Balbi.
La manovra è di 15 miliardi e 585 milioni di euro, di cui 8 miliardi 904 milioni assorbiti dalla Sanità; è «tax free», come ama ripetere Zaia che ha rifiutato l’introduzione dell’addizionale Irpef fosse anche per finanziare nuovi servizi sociali come invocato dal Pd («Preferisco lasciare 1,1 miliardi nelle tasche di cittadini e imprese»); vede la spesa libera, quella utile a finanziare le scelte politiche e non obbligate dell’amministrazione ad appena 60 milioni. Motivo per cui anche ieri, come già nei giorni scorsi, in consiglio si è assistito a scontri feroci, specialmente sui fondi destinati alla caccia chiesti e ottenuti da Sergio Berlato, capogruppo di Fratelli d’Italia.
La novità più importante, però, sta sicuramente nelle nuove limitazioni introdotte per la costruzione dei centri commerciali con un emendamento messo a punto dall’assessore allo Sviluppo economico Roberto Marcato. Una norma ispirata dalla vicenda del Catajo, che ha spinto l’amministrazione ad applicare anche agli interventi di natura commerciale le disposizioni sul consumo di suolo ed a prevedere l’obbligo di una pianificazione coordinata tra più Comuni confinanti nel caso in cui le aree da destinare all’insediamento di grandi strutture di vendita abbiano superficie superiore a 8 mila metri quadrati nei Comuni capoluogo e a 4 mila metri quadrati ne gli altri.
«È giunto il momento di dare il segnale di un’inversione di tendenza – ha detto Marcato – spiace che sia stata sprecata l’occasione di condividere anche con l’opposizione questa battaglia in cui a vincere è l’ambiente». Il perché la minoranza si sia chiamata fuori è presto detto: «La montagna ha partorito un topolino – dice Piero Ruzzante di Mdp, che aveva suggerito di introdurre una fascia di rispetto di 2,5 chilometri dai siti d’interesse storico culturale – questa disposizione non si applica alle strutture già oggetto di accordi di programma, come Due Carrare» (il cui impatto sul territorio, però, sarà oggetto di un monitoraggio). D’accordo il dem Graziano Azzalin, che pure si è visto bocciare una proposta più restrittiva, che abbassava a 2.500 metri quadri la soglia per la concertazione: «Non era Zaia a invocare un giro di vite, denunciando lo scempio del territorio?». Plaude invece il presidente di Confcommercio Massimo Zanon: «Vinta una battaglia di civiltà».
Si diceva poi della caccia: nonostante la strenua opposizione della minoranza («Un’altra marchetta elettorale» per Andrea Zanoni del Pd e Simone Scarabel del M5s) e dell’assessore al Lavoro Elena Donazzan («Una follia» ha detto, infastidendo una volta di più il capogruppo della Lega Nicola Finco stanco delle sue uscite «in libertà»), Berlato è infine riuscito ad ottenere 350 mila euro da assegnare alle associazioni venatorie per la promozione di campagne anti bracconaggio (inizialmente ne aveva chiesti 700 mila, il dem Claudio Sinigaglia ha tentato inutilmente di scendere a 150 mila) e 100 mila euro per il software per la gestione del nomadismo venatorio. In quest’ultimo caso, però, la giunta è stata costretta a ripresentare l’emendamento perché quello di Berlato, a sorpresa, era stato bocciato dall’aula. Il leghista Boron, sbagliando, aveva infatti votato contro e il suo no era risultato decisivo per la bocciatura della proposta dell’alleato, andato su tutte le furie tra gli applausi di giubilo dell’opposizione. Seduta sospesa, Boron chiede la revisione del suo voto ma il presidente dell’assemblea Roberto Ciambetti, dopo lungo consulto, si vede costretto a confermare la bocciatura, poi come detto subito «rimediata».
Bocciata la proposta del M5s di ridurre le indennità di funzione con un risparmio di 300 mila euro («Se ne parlerà nella commissione appositamente creata per ridiscutere stipendi e vitalizi» ha assicurato la Lega), ha sollevato le critiche della Cgil la norma voluta da Donazzan sulla «degna sepoltura dei feti»: «Un’interferenza inaccettabile sulla sensibilità delle donne – attacca il sindacato – soprattutto se hanno scelto di interrompere volontariamente la gravidanz a».
Il Corriere del Veneto – 22 dicembre 2017