Il mercato dei servizi professionali deve essere libero, non condizionato da accordi: su questo principio generale è tornato il Consiglio di Stato con la sentenza 2830/2016, occupandosi degli infermieri professionali.
Il caso esaminato riguarda l’esecuzione in service della medicina di laboratorio, cioè dei prelievi effettuati attraverso laboratori per il servizio sanitario nazionale. Un’azienda ospedaliera lombarda, come numerose altre sul territorio nazionale, ha stipulato una serie di accordi di collaborazione con laboratori accreditati, prevedendo di utilizzare infermieri dipendenti o collaboratori per i prelievi a domicilio. Gli accordi tra ospedale e Regione prevedevano che fosse il laboratorio a individuare l’infermiere da utilizzare, nell’ambito di un unico rapporto di service e con spesa a carico del servizio sanitario.
Questo sistema è stato criticato dal Coordinamento regionale dei collegi degli infermieri professionali, in quanto lesivo del principio di libertà di concorrenza. La tesi è stata condivisa dai giudici amministrativi i quali hanno sottolineato che, imponendo ai laboratori convenzionati di attingere infermieri per i prelievi esterni solo a seguito di specifici accordi, si è ristretta irragionevolmente la concorrenza nel settore, escludendo gli infermieri liberi professionisti estranei agli accordi.
Secondo il Consiglio di Stato, tutti gli infermieri, compresi i liberi professionisti, avrebbero dovuto poter aspirare a operare per i laboratori, perché è identico (per dipendenti o liberi professionisti) il livello di formazione universitaria e il codice deontologico applicabile, il che dà al servizio sanitario garanzie di idonee prestazioni senza necessità di ulteriori accordi o accreditamenti. Soprattutto, secondo i giudici, non è possibile escludere in via assoluta e generalizzata la categoria degli infermieri libero professionisti dagli accordi di collaborazione tra azienda sanitaria e laboratori di analisi. Lo stesso principio di libera concorrenza è di frequente applicato dall’Antitrust nei confronti di altri professionisti.
Dapprima con sentenze (Tar Lazio 107/2005, Consiglio di Stato 5014/2004 ), e a maggior ragione dopo la legge Bersani (la 248/2006) e il Dl stabilizzazione (articolo 3 del Dl 148/2011) si fanno strada principi di libera concorrenza e parità di accesso: nel maggio 2016 è stata aperta un’istruttoria per accertare intese restrittive della concorrenza da parte del Consiglio notarile della capitale in materia di dismissioni pubbliche. Anche la recente normativa (codice degli appalti, Dlgs 50/2016) pur prevedendo affidamenti diretti fino a 40.000 euro, esige sempre un’adeguata motivazione (articolo 36), per la scelta degli incarichi, garantendo par condicio a tutti i professionisti.
Guglielmo Saporito – Il Sole 24 Ore – 30 giugno 2016