Il Sole 24 Ore sanità. Il certificato di esenzione dall’obbligo vaccinale anti-Covid-19 per operatori sanitari previsto dall’articolo 4 del decreto legge n. 44 del 2021 (Misure urgenti per il contenimento dell’epidemia da Covid-19) deve riportare la diagnosi “giustificatrice dell’esenzione” e i relativi referti clinici, pena la nullità del certificato.
Lo ha stabilito il Consiglio di Stato con la sentenza 20 dicembre 2021, n. 8454, che ha confermato la pronuncia con cui il Tar Lazio aveva ritenuto legittima la sospensione dell’attività convenzionale disposta dall’Aal Roma 6 nei confronti di un sanitario che aveva esibito una certificazione di priva della documentazione medica recante le ragioni dell’esenzione dall’obbligo vaccinale («Si attesta che […] risulta essere soggetto esente è affetto da patologie che non sono oggetto di sperimentazione da parte di alcuna delle Case Farmaceutiche produttrici di vaccini anti-Covid-19 […]. La documentazione attestante le condizioni cliniche e la patologia del paziente, non esplicitata per motivi di privacy, è stata esibita dal paziente»).
La sentenza del Consiglio di Stato
Il ricorrente aveva sostenuto che: (i) l’Asl avrebbe dovuto limitarsi a ricevere l’attestazione del medico di medicina generale e prenderne atto perché non deputata ad effettuare alcun tipo di controllo sulla veridicità dei certificati medici ; (ii) il certificato di esenzione esibito alla Asl sarebbe stato conforme alla Circolare del Ministero della salute n. 00353094 del 4 agosto 2021 che stabilisce che « i certificati non possono contenere [la] motivazione clinica della esenzione» ; (iii) l’articolo 4 del decreto legge n.44 del 2021 sarebbe stato in contrasto con il principio di uguaglianza sancito dall’articolo 3 della Costituzione, per aver previsto «l’imposizione di un obbligo vaccinale solo per la categoria degli appartenenti alle professioni sanitarie». Tesi che non ha colto nel segno. Il Consiglio di Stato ha affermato che[:
– l’obbligo dell’ attestazione delle ‘specifiche condizioni cliniche documentate’ previsto dall’articolo 4 del decreto legge n. 44 del 2021 «non consiste nella mera dichiarazione della loro esistenza “ab externo”, essendo necessario […] che delle specifiche condizioni cliniche documentate sia dato riscontro nella certificazione, unitamente al “pericolo per la salute” dell’interessato»;
– la suindicata Circolare ministeriale del 4 agosto 2021 si applica esclusivamente per l’accesso ai servizi ed alle attività di cui all’articolo 3, comma 1 del decreto legge n. 105 del 2021 ( luoghi di culto, di ristorazione, di svago, di cultura etc.)
ed ha ritenuto insussistenti i profili di incostituzionalità denunciati dal ricorrente.
L’Alto Collegio ha richiamato il principio affermato dalla sentenza del Consiglio di Stato del 20 ottobre 2021, n. 7045: la vaccinazione obbligatoria per il personale sanitario mira a tutelare anche «soggetti più vulnerabili per l’esistenza di pregresse morbilità, anche gravi, come i tumori o le cardiopatie, o per l’avanzato stato di età, che sono bisognosi di cura ed assistenza, spesso urgenti, e proprio per questo sono di frequente o di continuo a contatto con il personale sanitario o sociosanitario nei luoghi di cura e assistenza». Senza considerare che in tal senso si è espresso il Tar Friuli Venezia Giulia con la sentenza 10 settembre 2021, n. 261 secondo cui «l’interesse a prevenire lo sviluppo della malattia da Covid-19 in capo agli operatori sanitari, nel contesto dell’emergenza pandemica, assume un’indubbia valenza pubblicistica, giacché garantisce la continuità delle loro prestazioni professionali e, quindi, l’efficienza del servizio fondamentale cui presiedono».
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