I congedi dal 2013
I congedi obbligatori per i papà sono nati con la legge «Fornero», la 92/2012, che li ha introdotti in via sperimentale dal 2013 al 2015 «al fine di sostenere la genitorialità, promuovendo una cultura di maggiore condivisione dei compiti di cura dei figli all’interno della coppia».
Da allora, di anno in anno, la disposizione è stata sempre prorogata, aumentando i giorni di astensione dal lavoro dei neo papà, progressivamente, fino ad arrivare a dieci giorni obbligatori, più uno facoltativo. Nel 2020 hanno usufruito dei congedi per i padri oltre 135mila lavoratori, in crescita costante negli ultimi anni.
Obiettivo parità nel Family act
L’obiettivo di una maggiore condivisione tra genitori nella cura dei figli è presente anche nel cosiddetto Family act, il disegno di legge delega per il sostegno e la valorizzazione della famiglia, che è stato approvato dalla Camera il 18 novembre scorso ed è passato ora all’esame del Senato (AS 2459).
L’articolo 3 contiene una delega al Governo per estendere e riordinare i congedi parentali, di paternità e di maternità. Tra i criteri di delega, c’è quello di «prevedere un periodo di congedo obbligatorio per il padre lavoratore nei primi mesi dalla nascita del figlio, di durata significativamente superiore rispetto a quella prevista a legislazione vigente».
Oggi infatti, l’astensione obbligatoria di 5 mesi è prevista solo per le lavoratrici madri e può essere utilizzata dai padri solo in casi eccezionali (come la scomparsa della madre).
Nel riordino dei congedi prospettato dal Family act, c’è anche la previsione di stabilire un periodo minimo di almeno due mesi di congedo parentale non cedibile all’altro genitore, per ciascun figlio, prevedendo anche forme di premialità nel caso in cui questi congedi siano distribuiti equamente fra entrambi i genitori.
Quello del Family act, comunque sarà un percorso dall’attuazione non immediata: dall’approvazione della legge (che deve ancora avvenire) il Governo avrà poi due anni di tempo per emanare i decreti attuativi.
Disparità nei congedi parentali
I padri rappresentano meno del 30% dei fruitori dei congedi parentali facoltativi. Si tratta del periodo opzionale di astensione dal lavoro fino a sei mesi che spetta sia alla madre (dopo la fine del congedo di maternità) sia al padre (dalla nascita o dall’adozione del figlio), con la retribuzione al 30% fino a sei anni del bambino, o senza retribuzione fino ai 12 anni. Tra i lavoratori dipendenti del settore privato, ad esempio, nel 2019 hanno usato il congedo parentale 68.048 padri e 259.020 madri (il 79% della platea). Eppure i padri sono in aumento: nel 2016 erano 54.141.
Nel 2020 i fruitori del congedo parentale – sia maschi, sia femmine – sono diminuiti: sono stati in tutto 148mila, di cui 110mila donne (il 74%). La situazione dell’anno scorso è stata però particolare e condizionata da diversi fattori: in primo luogo, il calo delle nascite (appena 404mila). Basti pensare che il numero di lavoratrici del privato che ha fruito della maternità obbligatoria è stato di 179.805, in calo del 6,7% rispetto al 2019 (dati Inps).
Inoltre, nel 2020, per far fronte alla chiusura delle scuole legata alla pandemia, sono stati introdotti i congedi Covid, retribuiti al 50% (quindi più appetibili), dei quali hanno fruito 291.000 lavoratori dipendenti. Infine, la chance dello smart working su larga scala ha forse ridotto, in alcuni casi, la necessità di richiedere il congedo parentale per poter restare a casa con i figli.
In ogni caso, tra i 148mila fruitori del congedo parentale, come detto, continuano a prevalere le donne, anche in termini di giornate di assenza dal lavoro: le giornate autorizzate sono state in media 23 per i lavoratori e 50 per le lavoratrici.